**Titolo: *Le Rotaie del Cielo e l'Abisso delle Meraviglie***
Nessuno ricordava più come fosse nata la Rete Celeste. Forse era stata un dono degli dei, o l’ultima follia di un inventore senza nome. Fatto sta che adesso le sue rotaie d’argento solcavano il cielo, sospese tra nuvole e stelle, collegando città galleggianti e terre emerse come vene luminose. I treni che le percorrevano non avevano ruote, ma ali di cristallo che vibravano al ritmo del vento, e le loro cabine erano fatte di vetro e luce, trasparenti come l’aria stessa.
**Il richiamo dell’ignoto**
Lia non era una viaggiatrice. Fino a quel giorno, la sua vita era stata un susseguirsi di albe identiche nella Città delle Nuvole Basse, dove le case erano incastrate tra le montagne e il cielo era sempre grigio, schiacciato dalla nebbia perpetua. Ma quella mattina, mentre vendeva fiori sintetici al mercato, aveva sentito il rombo del *Leviatano d’Argento*, il treno che saliva verso l’Altaurora, la regione dove il sole danzava con le costellazioni. Un suono che le aveva squarciato il petto. Senza pensarci, aveva lasciato la sua bancarella, i fiori di plastica portati via dal vento, e si era imbarcata.
**Il primo volo**
La partenza fu un respiro sospeso. Le ali del treno si aprirono come petali, e all’improvviso la gravità si dissolse. Lia trattenne il fiato mentre la Città delle Nuvole Basse diventava un puntino opaco, inghiottito dall’abisso sottostante. Poi, il mondo si capovolse.
Sotto di lei, la Terra non era più una prigione di roccia e routine, ma un mosaico di meraviglie. Foreste che sembravano muschio su una sfera di giada, oceani che riflettevano il cielo come specchi liquidi, deserti dove le dune disegnavano spirali ipnotiche. E tra queste, le cicatrici degli uomini: città scintillanti, ponti che univano continenti, fari che accarezzavano le nuvole.
«Guardate!» urlò un bambino accanto a lei, indicando un branco di balene volanti che nuotavano accanto al treno, le pinne trasformate in ali membranose. Lia rise, e si rese conto che non lo faceva da anni.
**L’abbandono alla grandezza**
Ma la vera magia arrivò di notte. Il *Leviatano d’Argento* si fermò in mezzo al nulla, sospeso sopra un continente sconosciuto. Le luci si spensero, e il vetro della cabina divenne invisibile. Lia si trovò a galleggiare nel vuoto, circondata dalle stelle. Sotto, la Terra era un’ombra punteggiata di fuochi fatui, sopra, la Via Lattea si dispiegava come un mantello di diamanti.
«È questo che cercavamo, vero?» sussurrò una donna anziana accanto a lei, gli occhi umidi. «Uscire dalla nostra prigione, anche solo per un istante. Ricordarci che siamo polvere, ma polvere che sogna».
Lia non rispose. Sentiva il peso della monotonia sgretolarsi, sostituito da un’ebbrezza antica. Lì, sospesa tra cielo e abisso, capì che i fatti—le leggi della fisica, gli obblighi, le paure—erano solo muri costruiti dalla paura di volare. I sogni, invece, erano come le rotaie celesti: invisibili ai più, ma pronte a portarti dove osavi guardare.
**L’approdo**
Quando il treno atterrò all’Altaurora, Lia non scese. Il suo biglietto era per un’altra destinazione, una fermata segreta che aveva visto su una mappa stropicciata. Chissà dove l’avrebbero portata le rotaie, chissà quali abissi avrebbe attraversato. Ma per la prima volta, non aveva fretta.
Mentre il treno ripartiva, sfiorando una tempesta di meteoriti che scoppiavano in coriandoli di fuoco, Lia sorrise. La gravità poteva tenersi i suoi giorni grigi. Lei aveva trovato il suo posto: in equilibrio tra il vuoto e l’infinito, dove ogni istante era un universo da esplorare.
**Epilogo**
Le leggende dicono che la Rete Celeste non porti mai allo stesso posto due volte. Forse perché è il mondo a cambiare, o forse perché siamo noi, dopo aver visto la Terra dall’alto, a non poter più essere chi eravamo. E forse, è proprio questo il segreto: volare non è fuggire, ma ricordarsi di essere sempre, irrimediabilmente, vivi.
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