Una fotografia risalente alla Seconda Guerra Mondiale mostra il volto di un uomo stanco e segnato dalla prigionia. Circondato da soldati nazisti che lo deridono con sguardi beffardi, appare emaciato e provato. A prima vista potrebbe sembrare un semplice prigioniero di guerra, forse un soldato sovietico o un ebreo deportato. In realtà, quell’uomo non è un prigioniero qualunque: si tratta di Jakov Josifovič Džugašvili, il primogenito di Stalin. La sua esistenza e il suo tragico destino sono poco noti ai più. Il rapporto tra Jakov e suo padre è sempre stato complesso e conflittuale. Dopo una discussione particolarmente accesa, esasperato dal carattere autoritario di Stalin, Jakov tentò di togliersi la vita sparandosi alla testa. Tuttavia, il tentativo fallì e riportò solo ferite lievi. La reazione di Stalin fu fredda e sprezzante: si limitò a commentare che suo figlio non era nemmeno capace di sparare con precisione. Durante il secondo conflitto mondiale, Jakov servì come tenente d’artiglieria nell’Armata Rossa, ma nel 1941 fu fatto prigioniero dalla Wehrmacht.
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