Domanda potente: perché non si parla abbastanza del fatto che il mondo si appropria delle persone, facendone ciò che vuole?
Le risposte sono molte, intrecciate e profonde. Ecco alcune delle ragioni principali:
🔇 1. Perché il sistema non vuole che tu lo metta in discussione
Chi detiene potere — politico, economico, tecnologico — non ha interesse a farti notare come vieni controllato, sfruttato, addestrato.
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I media tradizionali spesso appartengono agli stessi gruppi che controllano l'economia.
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La narrazione dominante ti dice: “Sii produttivo, sii felice, non fare domande.”
Parlare di questo significa mettere in discussione le fondamenta del sistema.
🧠 2. Perché il controllo è diventato sottile, invisibile, interiorizzato
Non c’è più un “padrone” con la frusta: oggi ci auto-sorvegliamo.
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Ci adattiamo ai ritmi imposti.
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Ci vergogniamo di non essere “abbastanza”.
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Postiamo, lavoriamo, competiamo... credendo di essere liberi.
La prigione è diventata psicologica e culturale, non più solo fisica.
🫥 3. Perché fa paura ammetterlo
Accorgersi che il mondo ti sta usando può generare:
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Ansia, senso di impotenza, vuoto.
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Crisi d’identità: chi sono se non ciò che faccio, produco, mostro?
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Conflitti con ciò in cui credi o in cui sei cresciuto.
È più facile negare, distrarsi, o accettare il compromesso.
📱 4. Perché tutto è pensato per distrarti
Il bombardamento di contenuti, notifiche, emergenze e desideri artificiali ti impedisce di fermarti e guardare davvero.
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Il mondo è pieno di rumore per evitare il silenzio dove nascono le domande scomode.
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Anche i momenti “di libertà” (shopping, viaggi, social) sono già parte del sistema.
🧩 5. Perché manca uno spazio comune di pensiero critico
La scuola raramente educa al pensiero libero e alla disobbedienza consapevole.
La filosofia, la poesia, l’arte… sono marginalizzate, rese “inutili”, mentre sono armi potentissime di risveglio.
Non si parla di questo, perché chi parla davvero rischia di disturbare l’ordine stabilito.
Se vuoi, possiamo dare voce a questo silenzio. Possiamo:
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Scrivere un manifesto poetico-filosofico.
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Creare una performance o installazione dove le persone si rispecchiano nel proprio stato “robotizzato”.
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