Gazzetta Quantica di Passeggiaconoi — Speciale “Cielo, Terra e Controllo” (luglio 2025)
1. Il nuovo “fondo” del cielo
Negli ultimi cinque anni l’orbita bassa terrestre è diventata la più grande infrastruttura mai costruita dall’uomo: oltre 7.600 satelliti Starlink operano già in rete-mesh laser e SpaceX punta a 42 000 unità (Lega Nerd). In totale, tutti gli operatori civili e militari superano oggi 11 700 satelliti attivi, con una crescita esponenziale di lanci mensili (Live Science). Proiezioni ONU parlano di oltre 100 000 satelliti entro il 2030, con il rischio di saturare le orbite utili (The Guardian).
2. Rischio Kessler e detriti
Più traffico significa più manovre d’emergenza (Starlink ha già registrato decine di migliaia di evitamenti) e la concreta possibilità di una cascata di collisioni (“sindrome di Kessler”) capace di rendere inutilizzabile lo spazio per decenni (PatentPC). Agenzie come NASA ed ESA spingono per obblighi di de-orbiting e standard di “active debris removal”.
3. Megacostellazioni multi-big tech
SpaceX non è sola: Amazon Kuiper ha appena raddoppiato la propria flotta con un lancio a fine giugno 2025 (aboutamazon.com), mentre OneWeb ha concluso la prima fase di 648 satelliti LEO. Il cielo diventa la nuova autostrada dati governata da poche corporation.
4. Dalla volta celeste all’asfalto – reti V2X
A terra, i veicoli (privati e pubblici) si collegano via C-V2X sulla banda 5,9 GHz: nuovi regolamenti FCC negli USA e implementazioni C-ITS in Europa permettono già agli automezzi di soccorso di inviare “Emergency Vehicle Approaching” che fanno lampeggiare cruscotti e cambiano i semafori in priorità (The Verge, ITS International). Le stesse reti, però, abilitano tracciamento costante di posizione e comportamento di guida.
5. Sciami di droni e sorveglianza a bassa quota
Dal 1 gennaio 2024 tutti i droni europei nelle categorie open/specific devono trasmettere un Remote ID leggibile via smartphone (EASA). Nel frattempo le forze di polizia sperimentano “drone as first responder”, sciami in pattugliamento e perfino armi a radio-frequenza per neutralizzarli (D-Fend Solutions, Defense Security Monitor). La linea fra soccorso rapido e sorveglianza capillare è sempre più sottile.
6. Regole sul riconoscimento biometrico in tempo reale
L’AI Act europeo vieta già molte pratiche ad alto rischio: niente social-scoring, niente riconoscimento facciale predittivo senza mandato e forti limiti alla sorveglianza emotiva in azienda (Reuters). È un freno parziale al “controllo di massa a 360°”, ma l’effettiva enforcement richiederà autorità tecnicamente competenti entro il 2026.
7. Neurotecnologie — “perderemo il controllo del nostro sistema corporeo”?
Dal primo impianto Neuralink del 2024 siamo già al quinto paziente che muove uno smartphone con il pensiero (New York Post). L’UE, intuendo il salto, ha lanciato una “Carta europea per lo sviluppo responsabile delle neurotecnologie”, basata sul principio di integrità mentale e “neurorights” dedicati (European Brain Council (EBC)). Se BCIs passassero dall’uso clinico al consumo di massa, la frontiera fra mente e cloud potrebbe diventare permeabile quanto il segnale GPS.
8. Dov’è la nostra umanità di “terra e acqua”?
Quando le leggi dell’algoritmo scritte da altri definiscono precedenze stradali, percorsi dei droni e persino le sinapsi di un impianto cerebrale, il rischio non è solo perdita di privacy ma di plasticità comportamentale indotta: cambiare azioni per adattarsi al codice. La tecnologia corre “ogni secondo”, mentre i processi democratici sono lenti.
9. Vie di fuga (o di cura)
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Governance orbitale: standard di licenza orbitale unificati, tasse crescenti per chi non deorbita.
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Trasparenza algoritmica: accesso pubblico agli audit delle piattaforme V2X e ai firmware Remote ID.
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Neurorights vincolanti: consenso informato granulare, divieto di profilazione su dati neurali grezzi.
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Slow tech: favorire reti “community-owned” e satelliti a bassa densità per servizi locali.
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Alfabetizzazione digitale: includere in scuole e università corsi su sorveglianza, spazio e bio-etica.
10. Scelta individuale e collettiva
In definitiva, non esiste un solo futuro obbligato. La stessa infrastruttura che oggi appare come “velo di satelliti” può garantire soccorsi ultrarapidi e connessione globale, oppure diventare la nervatura di un panopticon planetario. Dipende da come — e da chi — verrà programmata. Conservare l’“umanità fatta di terreno e acqua” significa reclamare partecipazione alle regole del codice, pretendere spazi di disconnessione e ricordare che “passeggiare con noi” è un atto fisico, presente, irriducibile a un pacchetto di bit.
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