Titolo: La minaccia dei dazi USA del 30 % e il futuro dell’agroalimentare italiano
Con il conto alla rovescia che scade il 1° agosto 2025, il settore agroalimentare italiano – motore trainante dell’export nazionale – rischia di essere travolto da una nuova ondata di dazi americani. Ecco un’analisi approfondita di ciò che sta accadendo, dei numeri in gioco e delle possibili vie d’uscita.
1. Cosa prevedono i nuovi dazi
Il presidente Donald Trump ha notificato all’Unione europea l’introduzione di tariffe del 30 % su un’ampia gamma di importazioni, comprese molte referenze agroalimentari di punta (vino, formaggi, olio d’oliva, pasta, conserve di pomodoro) con entrata in vigore il 1° agosto, salvo accordo last‑minute. La misura rappresenta un’escalation rispetto al dazio‑base del 10 % in vigore da aprile e replica lo schema “tariffa reciproca” già applicato ad altri partner. (Wall Street Journal, Reuters)
2. Quanto vale oggi il mercato statunitense per il made in Italy agroalimentare
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Nel 2024 l’Italia ha esportato negli USA 7,8 miliardi di euro di prodotti agroalimentari, prima tra i Paesi UE e terza a livello mondiale dopo Messico e Canada. (agricolae.eu)
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Gli Stati Uniti assorbono circa il 12 % dell’export agroalimentare italiano totale e sono il secondo mercato extra‑europeo per il settore food&wine. (Unimpresa)
3. L’impatto atteso: numeri e stime
| Indicatore | Valore stimato |
|---|---|
| Perdita annua di fatturato per il food italiano | 2,3 mld € (stima Coldiretti) |
| Impatto su PIL italiano al 2027 | ‑0,8 % (studio Confindustria) |
| Ricaduta su famiglie USA (sovraccosto) | >2,3 mld € |
Le tariffe cumulative arriverebbero al 45 % sui formaggi DOP, 35 % su vini DOC/DOCG, 42 % su pomodoro trasformato, 36 % su pasta ripiena, comprimendo i margini di esportatori e importatori e spingendo verso il rialzo i prezzi al consumo. (Coldiretti, FoodNavigator.com, Italianfood.net)
4. Quali filiere e territori rischiano di più
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Lombardia: danno potenziale oltre 350 milioni di euro per cibi e bevande – con il lattiero‑caseario in prima linea. (pavia.coldiretti.it)
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Toscana e Abruzzo: tra le regioni più esposte nell’export di vino, olio e macchine agroindustriali (perdita stimata 19 mld € sull’export complessivo verso gli USA). (RaiNews)
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Piccola trasformazione (salumi, conserve, pasta artigianale) e distretti DOP/IGP soffrono per la scarsa capacità di “spalmare” costi doganali sul prezzo finale.
5. Segnali precoci: corse all’anticipo e sbalzi nei flussi
Nei primi quattro mesi del 2025 gli importatori USA hanno anticipato ordini, facendo salire le spedizioni italiane di circa 1 mld USD; a maggio il trend si è invertito con un crollo ‑17 % di olio e conserve rispetto al 2024. (ExportUSA New York, Corp., Moneta)
6. Roma e Bruxelles alla ricerca di un piano B
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La Commissione UE prepara 84 mld € di contromisure e valuta l’uso dell’«anticoercion instrument». (Wall Street Journal)
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Il commissario Maroš Šefčovič avverte che dazi del 30 % “azzererebbero” il commercio transatlantico, ma conferma la disponibilità a negoziare “fino all’ultimo minuto”. (The Guardian)
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Ipotesi di compensazioni PAC, crediti d’imposta all’export e sostegno alla promozione nei mercati asiatici sono allo studio del Mipaaf.
7. Strategie di resilienza per aziende e consorzi
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Diversificare i mercati: Canada, Corea del Sud e Golfo Persico mostrano forte appetito per l’italian food e dazi inferiori.
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Riposizionare la catena del valore: usare co‑packing negli USA per l’ultima fase di confezionamento (dazio sul semilavorato <10 %).
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E‑commerce diretto e DTC: aggira parte dell’extra‑costo doganale via soglie de minimis (800 USD) finché restano in vigore.
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Contratti di copertura FX e hedging: il dollaro forte compensa parzialmente il dazio, ma serve protezione sul medio termine.
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Lobby multilivello: coordinare Coldiretti, Confindustria, Confagricoltura e distretti DOP per mantenere pressione diplomatica su Roma‑Bruxelles‑Washington.
8. Conclusioni
Il braccio di ferro Washington‑Bruxelles entra nella fase decisiva. Se l’introduzione dei dazi al 30 % diventerà realtà il 1° agosto 2025, l’agroalimentare italiano potrebbe affrontare la peggiore tempesta commerciale dagli anni ’30. Tuttavia, grazie a qualità distintiva, brand equity del “Made in Italy” e capacità di adattamento, il settore dispone di leve per resistere – a patto di agire ora su diversificazione, innovazione di filiera e pressioni diplomatiche mirate. Lo scontro non è (ancora) scritto: l’ultima parola spetta ai negoziatori nelle prossime due settimane.
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