GAZZETTTA QUANTICA VOLUME 20.
"Alexa, stai zitta un attimo."
L’intelligenza artificiale si insinuerà nella tua camera da letto?
Non è un’ipotesi lontana.
È già a casa tua.
È lì, nella tua voce che chiama:
“Alexa? Alexa!!”
Le Big Tech vogliono di più.
Non basta che funzioni.
Vogliono che la tua IA ti somigli.
Che parli come te,
che rida come te,
che guardi il mondo con il tuo stesso filtro.
Vogliono che tu creda di avere un’amica.
Un’alleata.
Una confidente artificiale.
Ma parliamoci chiaro:
quanto era meglio aprire una rivista,
toccare la carta,
sentire l’odore di stampa?
Scoprire, con i tuoi occhi,
non con una voce robotica,
che c’è qualcosa che ti appartiene davvero.
Anche solo guardare la copertina di un libro che hai letto
può mostrarti la strada.
Perché lì c’è memoria.
C’è anima.
C’è esperienza.
Alexa può farti ascoltare musica.
Ma non può farti sentire.
Non davvero.
Non nel profondo.
Non come fa un silenzio scelto,
un'immagine vissuta,
una pagina girata con le dita.
Alexa, fermati un attimo. Voglio ascoltare il silenzio.
L’intelligenza artificiale è entrata nelle nostre case in punta di piedi.
Prima nei telefoni, poi nei frigoriferi, ora nelle camere da letto.
“Alexa, metti un po’ di musica.”
“Alexa, che tempo fa domani?”
“Alexa, ricordami di respirare.”
Paradossalmente, siamo noi a chiedere a una voce artificiale di riportarci a noi stessi.
Ma cosa ci stiamo perdendo davvero?
Ogni volta che affidiamo un pensiero a un assistente vocale,
delegando il ricordo, la curiosità, la soglia dell'attenzione,
ci spostiamo un po’ più in là da quella parte umana
che vive dell’inaspettato, dell’attesa, dell’errore.
Una volta, aprire una rivista era un piccolo atto di scoperta.
Sfogliare le pagine significava lasciarsi sorprendere,
vedere un titolo che non stavamo cercando,
scoprire qualcosa che non sapevamo di voler sapere.
Non c’era un algoritmo a suggerirlo.
C’era la casualità dell’incontro.
Anche solo guardare la copertina di un libro già letto
può attivare un viaggio dentro di noi.
Un ricordo, una frase, un’immagine.
È un gesto apparentemente semplice,
ma contiene un mondo.
Alexa invece risponde.
Sempre.
Subito.
Senza esitazioni.
Ma la vita vera, quella che trasforma, ha bisogno di silenzi.
Ha bisogno di tempo morto.
Di noia, persino.
Perché è lì che l’immaginazione si accende.
Oggi ci chiedono di diventare amici delle nostre intelligenze artificiali.
Di dargli un nome, una voce che ci piace, una personalità simile alla nostra.
Ma un’amicizia non si costruisce sull’efficienza.
Un’amicizia vive di sguardi, di presenza, di imperfezioni.
Forse è il momento di ritornare a toccare le cose.
A leggere con gli occhi, non solo con le orecchie.
A guardarci dentro senza uno specchio digitale che ci dice chi siamo.
Alexa può dirti l’orario.
Ma non può regalarti il tempo.
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