Neo-Advaita: specchio della non-dualità o illusione contemporanea?
Negli ultimi anni il Neo-Advaita ha fatto molto parlare di sé, soprattutto nell’ambito della spiritualità contemporanea. Conferenze, satsang online, ritiri brevi e incontri in cui si parla di non-dualità in modo diretto, spesso radicale. Ma perché tanti lo considerano una “truffa”? Perché chi partecipa ai ritiri raramente “ottiene” risultati concreti? E perché la tanto decantata auto-indagine sembra non funzionare?
Neo-Advaita non è un sentiero
La critica più diffusa è che il Neo-Advaita non porta da nessuna parte. Ma è qui che nasce un equivoco. Il Neo-Advaita non è un cammino graduale, non è un metodo, non è una pratica da seguire passo dopo passo. È uno specchio che punta direttamente alla verità: non c’è nessuno che deve arrivare, perché non c’è mai stato un viaggiatore.
Se i cammini tradizionali dell’Advaita, del Buddhismo o dello Zen parlano di purificazione, disciplina e progressione, il Neo-Advaita sembra saltare tutto il percorso, arrivando subito al punto finale. Per molti, questo appare come un salto brusco, incomprensibile. Per altri, come una liberazione immediata da ogni ricerca.
Perché non ci sono risultati?
Chi cerca risultati rimane inevitabilmente deluso. Non perché “non funzioni”, ma perché non c’è nessuno che possa ricevere un risultato. Il Neo-Advaita non promette illuminazioni spettacolari, esperienze trascendenti o guarigioni interiori. Al contrario: mette in discussione la premessa stessa della ricerca spirituale, cioè l’idea che ci sia un individuo separato che possa raggiungere qualcosa.
In altre parole: non si ottiene nulla perché non c’è nulla da ottenere.
L’auto-indagine non è uno strumento
Un altro punto cruciale riguarda la famosa auto-indagine (ātma-vichāra), resa nota da Ramana Maharshi. Nella sua forma autentica, non era mai intesa come tecnica per raggiungere un traguardo, ma come fuoco che brucia l’idea stessa dell’io.
Quando viene usata come “metodo” per ottenere uno stato speciale, inevitabilmente fallisce. Perché? Perché chi la usa come strumento lo fa ancora dalla prospettiva dell’io separato, che è proprio ciò che l’auto-indagine dissolve.
Non è un esercizio per accumulare esperienze. È un incendio che riduce in cenere il soggetto che chiede: “Chi sono io?”
L’illuminazione non è un evento
Molti aspettano l’illuminazione come un evento straordinario, una sorta di risveglio mistico che accade da un momento all’altro. Ma la prospettiva non-duale ribalta questa attesa: l’illuminazione non avviene. Non è qualcosa che accade nel tempo, perché il tempo appartiene all’illusione della mente.
Non ti “svegli”. È il sogno che finisce. E quando il sogno svanisce, ciò che rimane è sempre stato lì: silenzioso, intatto, mai addormentato.
Neo-Advaita: truffa o verità radicale?
Definirlo una truffa è fuorviante. Certo, il mercato spirituale contemporaneo può avere derive commerciali, e non tutti i “maestri neo-advaitin” sono autentici o disinteressati. Ma nella sua essenza, il Neo-Advaita non vende un cammino, non promette progressi. È piuttosto una spoliazione, un togliere ogni illusione, fino a lasciare nudo ciò che già è.
È un messaggio radicale, spesso indigesto, perché non gratifica l’ego e non offre nulla da conquistare. Per questo può sembrare inutile, o addirittura cinico. Ma per chi è pronto a vedere, non è un inganno: è uno specchio che riflette solo questo momento, privo di un osservatore.
👉 Conclusione: Il Neo-Advaita non è un metodo da praticare, ma una radicale constatazione: non c’è un io separato che deve arrivare da qualche parte. È un fuoco che brucia la ricerca stessa. E in quell’assenza, ciò che resta non è mai stato perso.
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