Il Rumore del Mondo e il Silenzio del Sé: la Distrazione Suprema della Nostra Epoca
Viviamo immersi in un mare di stimoli.
Voci, notifiche, immagini, promesse.
Il mondo ci parla ininterrottamente — e spesso, ci urla.
“Guarda qui.”
“Compra questo.”
“Diventa quello.”
Ogni segnale è un richiamo verso l’esterno, un invito sottile (e seducente) a spostare la nostra attenzione da noi stessi a qualcosa — o qualcuno — là fuori.
E così, lentamente, quasi impercettibilmente, la conoscenza di sé si dissolve nel rumore di fondo dell’esistenza collettiva.
La più potente distrazione esterna: il richiamo del "di più"
Il “di più” è il mantra silenzioso del nostro tempo.
Più visibilità.
Più connessioni.
Più esperienze.
Più risultati.
In questa corsa sfrenata, raramente ci accorgiamo di una verità tanto semplice quanto dimenticata: ogni volta che rincorriamo il “di più”, ci allontaniamo dal “qui”.
Il desiderio di accumulare esperienze, conoscenze, status, crea un’illusione di crescita. Ma è una crescita centrifuga — ci spinge verso l’esterno, non verso il centro.
E il Sé, quel nucleo immobile e silenzioso che ci abita, resta lì, in attesa che torniamo ad ascoltarlo.
Lo spettacolo permanente dell’altrove
Gli schermi lampeggiano.
Le menti si rincorrono.
Le identità si modellano sul riflesso digitale di ciò che “funziona”.
Siamo diventati spettatori e attori nello stesso tempo: assistiamo alla rappresentazione di noi stessi.
Ma la conoscenza di sé non nasce dalla performance.
Nasce dal silenzio, dalla sospensione, dall’intervallo tra un pensiero e l’altro.
Nel momento in cui smettiamo di “postare” e iniziamo a “percepire”, accade qualcosa di straordinario: il mondo esterno si sfoca, e appare — nitido — il nostro spazio interiore.
Il ritorno al centro: la quiete come atto rivoluzionario
Ritrovare il Sé oggi è un gesto controcorrente.
Richiede un atto di coraggio: spegnere il mondo per un istante.
Non fuggirlo, ma sottrarsi consapevolmente alla sua presa ipnotica.
Il silenzio non è un vuoto, ma una soglia.
In quel vuoto il Sé non si “ricrea” — si riconosce.
Non è qualcosa da costruire, ma qualcosa da ricordare.
Un esercizio di disconnessione consapevole
Ogni giorno, anche solo per cinque minuti, siediti.
Senza telefono. Senza musica. Senza intenzione.
Lascia che il rumore esterno si affievolisca.
All’inizio sentirai l’irrequietezza del mondo che hai dentro.
Poi, piano piano, apparirà un silenzio diverso — non quello dell’assenza di suoni, ma della presenza di te stesso.
È lì che inizia la vera conoscenza.
Conclusione: il Sé come casa originaria
Il Sé non si conquista.
Non si raggiunge.
Non si diventa “migliori” per trovarlo.
È già qui, immobile, testimone del tuo continuo divenire.
Il mondo urla “di più, di più, di più”.
Il Sé sussurra “basta così”.
E forse, in quell’attimo di quiete, capiamo che non abbiamo mai smesso di essere ciò che cercavamo.
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