giovedì 13 novembre 2025

Bambini nati negli anni ’90 e problematiche sociali

 

Bambini nati negli anni ’90 e problematiche sociali

Introduzione

Nel decennio 1990–1999 sono nati oltre un miliardo di bambini nel mondo. In Italia questa generazione è spesso identificata con la Generazione Z. Diverse ricerche e documenti pubblicati negli anni ’90 e 2000 hanno analizzato le condizioni sociali dei bambini nati in quel periodo. I principali temi emersi riguardano la trasformazione della famiglia, la diffusione di povertà e precarietà, le difficoltà educative, l’impatto delle nuove tecnologie e la salute mentale. Di seguito si presentano le evidenze più significative, con riferimento a documenti prodotti negli anni ’90 o poco dopo e ad analisi successive che richiamano i dati di quel decennio.

1. Trasformazione della famiglia e mono‑genitorialità

Aumento dei divorzi e dei genitori non sposati

  • Aumento delle famiglie monoparentali – Uno studio del Demographic Research rilevò che oltre metà dei bambini nati negli Stati Uniti negli anni ’90 avrebbe trascorso parte della propria infanzia con un solo genitore. Tra il 1997 e il 2001 il 71 % dei figli di madri non sposate viveva in famiglie a basso reddito, contro il 27 % dei figli di genitori coniugatidemographic-research.org.

  • Dati sul divorzio – Un articolo del 1999 dell’Università del New Hampshire osservava che, a causa dell’aumento dei divorzi, circa la metà dei bambini nati negli anni ’90 sarebbe cresciuta per almeno cinque anni in una famiglia monoparentaleunhmagazine.unh.edu. La situazione era accentuata da madri lavoratrici e dalla scarsità di servizi di qualità per la cura dei figli.

  • Persone a rischio di divorzio – Una dispensa universitaria (Buffalo State College, 2009) riportava che oltre il 50 % dei bambini nati negli anni ’90 sperimentava la separazione dei genitori; i bambini afroamericani erano i più esposti e oltre il 50 % dei figli di divorziati poteva avere un patrigno entro quattro annifaculty.buffalostate.edu.

  • Studi su famiglie single – Un articolo di YouthWorker osservava che fino al 60 % dei bambini nati negli anni ’90 negli Stati Uniti avrebbero vissuto in famiglie monoparentali per parte della loro infanziayouthworker.com. Un’analisi dell’Encyclopedia.com sottolineava che metà dei bambini nati nei decenni successivi avrebbe trascorso almeno una parte della crescita con un solo genitoreencyclopedia.com.

Effetti sull’infanzia

La National Center for Education Statistics (NCES) negli Stati Uniti evidenziava che i bambini nati negli anni ’90 erano più vulnerabili perché aumentavano i casi di famiglie giovani a guida femminile, condizioni di povertà o famiglie in cui l’inglese non era la prima lingua. Tutto ciò riduceva il capitale economico e sociale disponibile per i bambini e aumentava il rischio di insuccesso scolasticonces.ed.gov. Le ricerche mettevano in evidenza il legame tra mono‑genitorialità e precarietà economica: una famiglia con un solo reddito aveva maggiori difficoltà a sostenere spese educative e di cura dei figli.

2. Povertà e disuguaglianze economiche

Incidenza della povertà infantile negli anni ’90

  • Povertà persistente – Un rapporto dell’Urban Institute (2012) analizzando i dati degli anni ’70‑’90 rilevava che circa il 16 % dei bambini americani era nato in famiglie povere. La percentuale era molto più alta per i bambini afroamericani (40 %) rispetto ai bianchi (10 %). I bambini nati da famiglie povere presentavano maggiori probabilità di restare poveri e avevano tassi più bassi di completamento della scuola superioreurban.org.

  • Effetti a lungo termine della povertà – Un’analisi del 2023 di CLASP riassumeva studi longitudinali: circa il 35 % dei bambini nati tra gli anni ’70 e ’90 sperimentò povertà in qualche fase della vita. Un quarto dei bambini neri trascorse più di tre quarti dell’infanzia in povertà, contro il 3 % dei bianchi. I bambini esposti a 8‑14 anni di povertà erano cinque volte più propensi a essere poveri a 35 anni rispetto a quelli con meno esposizioneclasp.org.

Situazione in Italia

  • Secondo il rapporto di Save the Children “25 anni dopo la Convenzione ONU” (2014), il 13,8 % dei minori italiani viveva in povertà assoluta e il tasso di abbandono scolastico era del 17 %. Lo studio sottolineava che la popolazione minorile rappresentava solo il 16,7 % del totale, ma includeva sempre più bambini con genitori stranieri (dal 1,2 % dei nati nel 1993 al 15 % nel 2012)savethechildren.itsavethechildren.it. L’aumento della povertà infantile era collegato a famiglie numerose, monogenitoriali, con genitori operai o disoccupati, e alla carenza di servizi pubblici per l’infanziasavethechildren.it.

  • Un articolo di Openpolis (2024) spiegava che il concetto di povertà educativa è emerso negli anni ’90 e descrive la privazione di opportunità culturali, sociali e formative necessarie allo sviluppo dei minori. L’articolo evidenziava che povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda; nel 2023 il 13,8 % dei minori italiani era in povertà assoluta, con maggior rischio per famiglie monoparentali, famiglie con almeno tre figli e quelle con capofamiglia operaio o disoccupatoopenpolis.it.

3. Difficoltà educative e servizi per l’infanzia

  • Accesso limitato all’educazione prescolare – Il NCES negli Stati Uniti segnalò che i bambini nati negli anni ’90 erano più propensi a provenire da famiglie con risorse economiche e sociali ridotte e quindi meno esposti a programmi prescolari di qualitànces.ed.gov. L’assenza di educazione precoce di qualità può compromettere le competenze cognitive e sociali.

  • Scarso sostegno pubblico in Italia – Save the Children nel 2014 lamentava la mancanza di nidi e servizi per l’infanzia in Italia, sottolineando che i genitori faticavano a conciliare lavoro e cura dei figlisavethechildren.it. La riduzione della spesa pubblica per i servizi sociali ha contribuito a limitare l’accesso a attività educative e ricreative.

  • Emergere della povertà educativa – L’articolo di Openpolis indicava che negli anni ’90 la letteratura iniziò a utilizzare il termine povertà educativa per descrivere la negazione di opportunità formative e culturali ai minori, concetto poi ripreso da organizzazioni non profit e istituzioni pubblicheopenpolis.it.

4. Precarietà lavorativa per i giovani nati negli anni ’90

  • Un articolo di Aggiornamenti Sociali (2018) descriveva i giovani italiani nati negli anni ’90 come la “generazione della precarietà”. A causa delle riforme del mercato del lavoro e della crisi economica, questi giovani hanno vissuto un ingresso nel mondo del lavoro segnato da contratti a termine e lavori flessibili. Molti accettano orari irregolari o condizioni incerte per mantenere l’occupazione; coloro che emigrano all’estero percepiscono maggiori opportunità e autostima rispetto a chi resta in Italiaaggiornamentisociali.it. L’articolo osservava che la precarietà non è più vista come un passaggio temporaneo ma come normalitàaggiornamentisociali.it.

5. Salute mentale, isolamento e pandemia

  • Un approfondimento di Adolescenza InForma (2021) evidenziava che la “generazione Z” in Europa, formata da giovani nati negli anni ’90, fatica a replicare il successo lavorativo dei genitori a causa dell’instabilità economica. La pandemia di COVID‑19 ha aggravato il senso di insicurezza: molti giovani, nonostante una laurea, non trovano lavoro stabile e soffrono di depressione e isolamentoadolescenzainforma.it. Questo contesto ha esacerbato problematiche di salute mentale.

6. Impatto delle tecnologie digitali

  • Diffusione delle tecnologie – La tecnologia touch screen è apparsa negli anni ’90 ma ha conosciuto un boom dopo il 2010 con la diffusione di smartphone e tablet, che sono entrati in quasi tutte le famiglieilcircodellafarfalla.it. I bambini nati negli anni ’90 sono stati tra i primi a crescere immersi nella cultura digitale.

  • Rischi psicosociali – Un articolo di Il Circo della Farfalla (2020) avvertiva che l’uso precoce e intensivo di dispositivi digitali può portare a consumo passivo di contenuti, riducendo l’interazione sociale e rallentando lo sviluppo emotivo. Gli autori invitano a un uso equilibrato e alla mediazione degli adultiilcircodellafarfalla.it.

7. Altre problematiche emergenti

  • Migrazioni e multiculturalismo – Il rapporto di Save the Children (2014) indicava che la percentuale di bambini nati in Italia da genitori stranieri è passata dall’1,2 % nel 1993 al 15 % nel 2012savethechildren.it. Questa trasformazione ha reso le scuole più multiculturali, ma i figli di immigrati affrontano barriere linguistiche e discriminazioni, con maggior rischio di abbandono scolastico.

  • Disuguaglianze territoriali – In Italia le opportunità educative e lavorative variano molto tra nord e sud. La carenza di asili nido e l’alto tasso di NEET (giovani che non studiano né lavorano) sono più marcati nel Mezzogiorno.

Conclusioni

I bambini nati negli anni ’90 si sono trovati a crescere in un contesto caratterizzato da trasformazioni familiari (divorzi, convivenze e famiglie monoparentali), maggiore rischio di povertà, scarsità di servizi per l’infanzia e nuove sfide legate alle tecnologie digitali. Le evidenze mostrano che:

  1. La mono‑genitorialità è diventata comune, con oltre metà dei bambini nati negli anni ’90 destinata a vivere con un solo genitore; questa situazione è associata a maggiori livelli di povertà e a un rischio più elevato di insuccesso scolasticounhmagazine.unh.edudemographic-research.org.

  2. La povertà infantile persiste, colpendo soprattutto i bambini di origine afroamericana o immigrata e quelli di famiglie numerose o disoccupateurban.orgsavethechildren.it. L’esposizione prolungata alla povertà riduce drasticamente le chance di riscattoclasp.org.

  3. Le opportunità educative sono diseguali. Nei primi anni ’90 emerse il concetto di povertà educativa per descrivere la privazione di esperienze formative e culturaliopenpolis.it. La scarsità di nidi e servizi per l’infanzia limita la crescita dei bambini provenienti da famiglie svantaggiatesavethechildren.it.

  4. I giovani nati negli anni ’90 affrontano precarietà lavorativa e hanno difficoltà a raggiungere l’indipendenza economica; molti emigrano per cercare migliori opportunitàaggiornamentisociali.it.

  5. La salute mentale e l’isolamento sono aggravati dalla precarietà e dalla pandemia, aumentando i casi di depressione tra i giovaniadolescenzainforma.it.

  6. Le tecnologie digitali hanno trasformato l’infanzia e l’adolescenza, ma l’uso eccessivo può ridurre le interazioni sociali e lo sviluppo emotivoilcircodellafarfalla.it.

Comprendere queste problematiche è fondamentale per elaborare politiche e interventi mirati che sostengano le famiglie, potenzino i servizi educativi, riducano la povertà e tutelino il benessere mentale dei giovani nati negli anni ’90.

Nel decennio 1990-1999, le trasformazioni sociali hanno avuto un impatto significativo sulla generazione dei bambini nati allora. Diversi studi mostrano che oltre metà di questi bambini ha trascorso parte dell’infanzia in famiglie monoparentali; la diffusione di divorzi e di genitori non sposati ha aumentato l’instabilità familiareunhmagazine.unh.edudemographic-research.org. Questo fenomeno si è accompagnato a una crescita della povertà infantile, soprattutto tra i figli di immigrati o minoranze, con effetti a lungo termine sulla possibilità di riscattourban.org. Il concetto di “povertà educativa” nasce proprio negli anni ’90 per descrivere la mancanza di opportunità culturali e formative per i minoriopenpolis.it. In Italia si registra una carenza di servizi per l’infanzia, come gli asili nido, che aggrava il problemasavethechildren.it.

Un altro aspetto cruciale riguarda la precarietà lavorativa affrontata da questa generazione: i giovani nati negli anni ’90 sperimentano contratti temporanei e spesso emigrano per cercare condizioni miglioriaggiornamentisociali.it. Alla precarietà economica si sommano difficoltà di salute mentale, accentuate dalla pandemia, che limitano l’accesso a un futuro stabileadolescenzainforma.it. Infine, la diffusione delle tecnologie digitali, iniziata negli anni ’90, ha trasformato l’infanzia di questi ragazzi; se da un lato facilita l’accesso all’informazione, dall’altro la fruizione passiva può ostacolare lo sviluppo emotivo e socialeilcircodellafarfalla.it.




Nessun commento:

Posta un commento

Mediaset non è stata solo televisione, ma una leva di potere capace di trasformare la visibilità in fiducia, le aziende in marchi e il lavoro invisibile dietro le quinte in un’influenza che ha segnato un’epoca.

  Mediaset: il grande potere televisivo che ha plasmato l’immaginario collettivo e il mercato Per decenni Mediaset non è stata soltanto una ...