giovedì 3 aprile 2025

"Un sistema che punisce senza riabilitare non costruisce giustizia, ma perpetua disperazione." ⚖️

 Dormiamo in sei in una cella fatiscente, con un cesso nella stessa stanza dove si cucina”. Con queste parole, affidate a un post su Facebook, l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno ha descritto la sua esperienza nel carcere di Rebibbia, dove sta scontando un anno di reclusione. Un racconto diretto, privo di filtri, che getta luce sulle difficili condizioni della detenzione. Secondo Alemanno, la convivenza forzata tra detenuti è regolata da una gerarchia non scritta, dove “ai più anziani di permanenza in carcere viene riconosciuta piena autorità sulle regole comuni, a prescindere dai titoli di studio e dalle origini sociali”. Un sistema di convivenza che, come sottolinea l’ex politico, va oltre i parametri abituali della società esterna. Non mancano riferimenti alla perdita di speranza che colpisce alcuni detenuti: “La reclusione è un’intensa esperienza comunitaria: ecco perché è stupido sprecarla. C’è anche chi si lascia andare e diventa un morto vivente”. Un’immagine cruda, che restituisce l’idea di un ambiente dove la resilienza diventa una necessità, e la prospettiva del reinserimento nella società appare per molti un traguardo lontano. La riflessione di Alemanno, pur personale, si inserisce in un dibattito più ampio sulle condizioni delle carceri italiane, spesso criticate per il sovraffollamento, la mancanza di risorse e le difficoltà nel garantire ai detenuti un percorso di rieducazione effettivo. Il suo racconto solleva interrogativi sul sistema penitenziario, sulla sua funzione e sulla capacità di offrire una seconda possibilità a chi ha sbagliato.

Il racconto di Alemanno mette in evidenza una realtà spesso trascurata: le condizioni delle carceri italiane e il loro impatto sulla dignità umana. La descrizione di celle sovraffollate e gerarchie interne non scritte riflette un sistema che fatica a garantire non solo il rispetto dei diritti fondamentali, ma anche un percorso di rieducazione efficace.


Questo tema solleva domande cruciali: **le carceri dovrebbero essere luoghi di punizione o di riabilitazione?** La mancanza di risorse e il sovraffollamento non solo compromettono la qualità della vita dei detenuti, ma rischiano di perpetuare un ciclo di esclusione sociale. 


La riflessione sull'importanza della resilienza e della speranza è potente, ma evidenzia anche quanto sia difficile mantenere queste qualità in un ambiente che spesso sembra progettato per spezzarle. È un invito a ripensare il sistema penitenziario, affinché diventi uno strumento di reinserimento e non solo di isolamento.






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