«Say your prayers, take your vitamins».
Hulk Hogan – nato Terry Gene Bollea – ci ha lasciati il 24 luglio 2025 a 71 anni, stroncato da un arresto cardiaco nella sua casa di Clearwater, Florida. Il mondo del wrestling (e non solo) piange l’uomo che, con bandana gialla e baffoni a ferro di cavallo, ha trasformato gli incontri sul ring in un fenomeno pop globale. (The Times, ABC News)
Un gigante dal cuore (anche) italiano
Pochi ricordano che il sangue di Hogan scorreva già ‑ in parte ‑ da questa parte dell’Atlantico: suo nonno paterno, Pietro Bollea Sr., era emigrato da Cigliano (Vercelli). «Ho sempre sentito l’Italia come casa», scriveva nell’autobiografia; un dettaglio che ha reso ancora più forte il feeling col nostro Paese. (Wikipedia)
Quando l’Hulkamania invase Italia 1
A metà anni ’80 Italia 1 acquistò i diritti WWF e affiancò al commento colorito di Dan Peterson le gesta di Hogan, Piper, Andre The Giant. Le sue urla «Hulkster in arrivo!» risuonavano nei salotti il sabato sera, generando ascolti record e una nuova lingua fatta di leg drop, power‑slam e «fratellone». Per noi bambini, era come avere un super‑eroe americano a portata di telecomando. (Wikipedia)
Cartoni, merende e magliette strappate
L’onda si allargò al pomeriggio: nel contenitore Bim Bum Bam e nella serie animata I campioni del wrestling (con Hogan protagonista) scoprimmo che il ring poteva diventare un fumetto vivente. Figurine, action figure LJN, cinture di cartone: la cameretta si trasformava nell’arena di WrestleMania. (Wikipedia, Wikipedia)
Il motoscafo più veloce del West: Thunder in Paradise
Nel 1994 Hogan salpò con “Thunder”, il motoscafo hi‑tech della serie Thunder in Paradise, trasmessa poi anche da noi. Ogni puntata miscelava spiagge dorate, gadget futuristici e lotta contro i cattivi: era il Baywatch dei piccoli, con in più l’urlo «Brother!» a fine episodio. Per molti bimbi italiani fu la prima volta che sentirono la parola “Florida”. (Wikipedia)
Perché ci ha cambiato
-
Allenamento, preghiere, vitamine*: uno slogan ingenuo ma potentissimo negli anni del post‑paninaro.
-
Il modello “bigger‑than‑life”: Hogan insegnò che l’eroe poteva anche perdere sangue, ma non la fiducia in se stesso.
-
La porta sull’America: fra telecronache, theme‑song “Real American” e poster in camera, ci ha fatto sognare Stati Uniti a stelle, strisce e paillettes.
Il lascito dell’Hulkster
Oggi il wrestling è spettacolo mainstream, i pay‑per‑view si vedono in streaming e la parola “kayfabe” è su Wikipedia. Ma tutto è cominciato quando un gigante in giallo‑rosso ci spiegò che bastavano tre comandamenti per diventare invincibili: Train, Say Your Prayers, Eat Your Vitamins.
Grazie, piccolo me
A te, bambino che ancora vive dentro di me
e che un sabato del 1990 spalancò gli occhi davanti a quel leg‑drop,
dico grazie.
Perché continui a crederci,
nonostante le ginocchia scricchiolino più di quelle di Hulk a fine match.
E grazie a te, Hulk Hogan,
per aver acceso quella scintilla di meraviglia che non si spegnerà mai.
Whatcha gonna do, when the memories of the Hulkster run wild on you?
Nessun commento:
Posta un commento