Nulla a cui ti aggrappi durerà: la verità dura e liberatoria
Viviamo la maggior parte del tempo come se la vita fosse un insieme di cose da trattenere. Il corpo, la mente, le relazioni, il nostro stesso nome: li custodiamo come se fossero eterne certezze. Ma, inevitabilmente, ogni forma è destinata a dissolversi.
Il corpo invecchia, la mente cambia, perfino l’identità che crediamo di essere – fatta di ruoli, storie, ricordi – è fragile come sabbia al vento. Questa consapevolezza può sembrare crudele, perché ci mette davanti alla perdita, alla fine di ciò che amiamo. Eppure, proprio qui si apre lo spazio di una verità più grande.
Il paradosso dell’attaccamento
Ciò che temiamo di perdere non è mai stato davvero nostro. Le persone che amiamo, le esperienze che ci hanno formati, persino le idee che difendiamo con forza, sono passaggi, riflessi momentanei in un flusso più vasto. Trattenere è un’illusione: più stringiamo, più soffriamo.
Accettare questa transitorietà è difficile, ma anche l’unico modo per respirare pienamente nella vita.
Ciò che rimane
Quando tutto ciò che è destinato a svanire si dissolve, rimane qualcosa che non può essere toccato dal tempo: l’osservatore silenzioso. Quella presenza che percepisce, ma non è riducibile ai pensieri o alle emozioni. Una luce che non ha bisogno di essere difesa, perché non è mai nata e non può morire.
Scoprire questa dimensione è come aprirsi a un orizzonte nuovo: uno spazio di quiete in cui la vita scorre, ma non ci travolge.
Durezza e liberazione
Sì, la verità è dura. Non possiamo illuderci di fermare ciò che inevitabilmente cambia. Ma proprio questa durezza ci libera. Ci invita a vivere con più autenticità, a lasciare andare l’inutile, ad abitare il presente con gratitudine.
Invece di trattenere, impariamo a lasciare fluire. Invece di temere la fine, riconosciamo che la nostra essenza più profonda non è mai toccata dalla fine.
Ed è qui che si nasconde la vera pace: nel silenzio che rimane, quando smettiamo di aggrapparci.
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