articolo da blogger professionista, pensata per un blog di approfondimento sociale e culturale, con tono empatico ma anche informativo e di denuncia.
Le Ferite Invisibili: il dramma della mutilazione genitale femminile
Ogni anno, secondo i dati delle Nazioni Unite, oltre 200 milioni di donne e bambine nel mondo subiscono una delle pratiche più crudeli e silenziose della storia umana: la mutilazione genitale femminile.
Una violenza spesso nascosta, giustificata da tradizioni arcaiche, ma che lascia segni indelebili nel corpo e nell’anima di chi la subisce.
Un rituale che ruba l’infanzia
In molte comunità dell’Africa, del Medio Oriente e di alcune aree dell’Asia, le bambine vengono sottoposte a questa pratica tra i 5 e i 12 anni, spesso senza anestesia, in condizioni igieniche drammatiche, e con strumenti rudimentali.
È presentato come un “rito di passaggio”, un segno di purezza o appartenenza culturale. Ma dietro questa facciata di tradizione, si nasconde una ferita profonda alla dignità e alla libertà femminile.
Per molte di loro, il trauma fisico si accompagna a un trauma psicologico che le accompagna per tutta la vita.
La mutilazione non è solo un atto sul corpo: è una forma di controllo, un modo per imporre il silenzio sul piacere e sull’identità femminile.
Le conseguenze sul corpo e sulla mente
Le conseguenze mediche sono devastanti: infezioni croniche, difficoltà nel parto, dolori ricorrenti, perdita di sensibilità e in alcuni casi persino la morte.
Ma ci sono anche ferite invisibili: vergogna, paura, senso di colpa, distacco emotivo, e una profonda confusione sul proprio corpo e sulla propria femminilità.
Molte sopravvissute raccontano di non sapere nemmeno cosa sia accaduto loro, fino a quando non diventano adulte e scoprono di aver subito qualcosa che non doveva accadere.
Una battaglia culturale e globale
La mutilazione genitale femminile non è un problema “lontano”. Anche in Europa, e in Italia, vivono donne che l’hanno subita nei loro paesi d’origine o che rischiano di subirla durante viaggi “di ritorno” nei villaggi familiari.
Organizzazioni come UNICEF, Amnesty International e Non C’è Pace Senza Giustizia lavorano per sensibilizzare, proteggere e offrire assistenza sanitaria e psicologica alle vittime.
La sfida più grande però resta culturale: rompere il silenzio, educare le nuove generazioni, e soprattutto dare voce alle donne che hanno trovato il coraggio di raccontare.
Il coraggio di rinascere
Dietro ogni storia di mutilazione c’è una donna che, nonostante tutto, vuole ricominciare.
Molte di loro oggi diventano attiviste, infermiere, insegnanti, madri consapevoli. Lottano affinché le proprie figlie non conoscano la stessa sofferenza.
In quelle cicatrici c’è il dolore, ma anche una forza immensa, quella di chi trasforma la propria ferita in impegno.
“Non c’è tradizione che possa giustificare la violenza.
La vera purezza è quella che nasce dalla libertà.”
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