Fermarsi, oggi, è già scegliere da che parte stare.
25 novembre: non una ricorrenza, ma un alt
Ogni 25 novembre il mondo ricorda la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dalle Nazioni Unite nel 1999. (Wikipedia)
È una data che nasce dal sangue delle sorelle Mirabal, tre donne dominicane torturate e uccise nel 1960 per la loro opposizione alla dittatura. (Wikipedia)
Da allora sono passati decenni, ma i numeri continuano a dirci che la violenza non è un’emergenza: è un fenomeno strutturale.
In Italia, solo nel 2024 sono state uccise oltre cento donne, e nella grande maggioranza dei casi a farlo è stato un partner o un ex. (Comunicazione Italiana)
In questo scenario, il verbo più rivoluzionario che possiamo usare è uno: fermarsi.
Fermarsi non è restare fermi
Fermarsi non significa essere passivi. Significa:
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Fermarsi a guardare
Non voltare più lo sguardo dall’altra parte. La violenza non è solo il femminicidio che finisce in prima pagina: è insulti quotidiani, controllo, isolamento, svalutazione, ricatto economico, stalking. (EpiCentro) -
Fermarsi a nominare le cose
Dire “violenza” quando è violenza. Non “gelosia”, non “raptus”, non “è fatto così”. Le parole non sono un dettaglio: sono il primo argine culturale. -
Fermarsi prima che sia troppo tardi
La maggior parte delle donne uccise aveva alle spalle una storia di violenze pregresse e segnali ignorati. (Polizia di Stato)
Fermarsi significa prendere sul serio quei segnali già al primo episodio.
Fermarsi è un gesto quotidiano (che riguarda tutti)
Questa giornata non appartiene solo alle donne. È una chiamata collettiva a rallentare l’autopilota con cui viviamo e a chiederci: cosa sto normalizzando?
Ecco alcuni modi concreti di “fermarsi” nella vita di ogni giorno:
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Nel linguaggio
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Non ridere a una battuta sessista.
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Non dire “sono cose di coppia” se davanti hai controllo o umiliazione.
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Correggere, con calma ma con fermezza, chi giustifica o minimizza.
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Nelle relazioni
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Chiedersi: “Se fosse mia sorella, mia figlia, la mia migliore amica, lo considererei accettabile?”
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Non usare il silenzio o il ricatto emotivo come arma.
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Ricordare che l’amore non chiede mai prove che passano da paura, rinuncia, isolamento.
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Nelle situazioni di possibile pericolo
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Se senti urla, richieste di aiuto, litigi che degenerano, non archiviarli come “fatti loro”.
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Puoi chiamare le forze dell’ordine. Anche un dubbio, a volte, salva una vita.
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Fermarsi per ascoltare chi non riesce più a parlare
Per molte donne la violenza è una prigione fatta di vergogna, paura e senso di colpa. Fermarsi significa diventare un orecchio affidabile:
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Creare spazio perché possano parlare senza essere giudicate (“Perché non te ne sei andata?” è una domanda che ferisce due volte).
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Non improvvisarsi “salvatori”, ma accompagnarle verso chi ha competenze:
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centri antiviolenza
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sportelli ascolto
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numeri di emergenza nazionali e locali
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Se chi legge è una donna che vive violenza, il messaggio è uno:
non è colpa tua, non sei esagerata, non stai “provocando”. Hai diritto a essere creduta e a essere al sicuro.
Fermarsi anche come istituzioni e media
Fermarsi è un dovere anche per chi ha voce pubblica:
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Nelle istituzioni, ogni 25 novembre dovrebbe essere un checkpoint: quali fondi sono stati davvero destinati ai centri antiviolenza? Quali percorsi di uscita sono concretamente accessibili? (Interno)
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Nei media, raccontare la violenza senza spettacolarizzarla, senza trasformare le vittime in titoli morbosi o i carnefici in “bravi ragazzi che hanno perso la testa”.
Perché ogni numero è una storia, una vita, un nome che non verrà più chiamato.
Un invito semplice e radicale
In questa Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, l’invito è semplice e radicale:
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Fermati un minuto prima di condividere l’ennesimo contenuto senza pensarci.
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Fermati un minuto se un’amica ti sembra spenta, ritirata, diversa.
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Fermati un minuto davanti a una panchina rossa o a una fila di scarpe vuote in piazza, e chiediti cosa puoi fare tu, concretamente, perché restino solo simboli e non anticipazioni di cronaca. (Wikipedia)
Non cambieremo il mondo in un giorno.
Ma ogni volta che ci fermiamo, smettiamo di far finta di non vedere.
Ed è da lì che comincia ogni vero cambiamento.
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