martedì 2 dicembre 2025

“L’Italia cammina alla luce della propria Costituzione, ma porta ancora addosso le ombre di patti con l’America che nessuno ha mai davvero raccontato fino in fondo.”

 L’ombra lunga dell’aquila: cosa non ci raccontiamo davvero sul rapporto Italia–USA


Quando pensiamo agli Stati Uniti in Italia, ci vengono in mente i film doppiati, le felpe delle università americane, le basi NATO ai margini delle nostre città. È la narrazione dell’“alleato forte”, del fratello maggiore che ci ha aiutato a rialzarci dopo la guerra.

Ma sotto questa superficie rassicurante ci sono zone grigie: accordi mai pubblicati, basi militari che incidono sulla nostra politica estera, capitoli controversi come Gladio e la strategia della tensione. Non è complottismo, è storia. E, soprattutto, è una storia che spesso conosciamo solo a metà.

In questo articolo proviamo ad aprire qualche sipario, sapendo che la “verità totale” non la possiede nessuno, ma che abbiamo il dovere di farci domande scomode.


1. Il patto con l’America: rinascita… e vincolo

Dopo la Seconda guerra mondiale l’Italia è un Paese distrutto, povero, spaccato tra spinte socialiste/comuniste e blocco occidentale. È in questo contesto che arrivano gli Stati Uniti con due strumenti potentissimi:

  • Il Piano Marshall (European Recovery Program), annunciato da George Marshall nel 1947: oltre 12,7 miliardi di dollari di aiuti all’Europa, di cui una quota importante all’Italia, per comprare materie prime, derrate alimentari e ricostruire infrastrutture.(Wikipedia)

  • L’ingresso nella NATO (1949), che inserisce l’Italia formalmente nel blocco occidentale guidato dagli USA.(LaMaddalena.info)

Da un lato è stato ossigeno puro: senza quegli aiuti la ricostruzione sarebbe stata molto più lenta e dolorosa. Dall’altro, storici e analisti sottolineano come da lì in poi gli USA abbiano esercitato un’egemonia economica, politica e culturale sull’Europa occidentale, Italia compresa.(Geopop)

Tradotto in parole semplici: abbiamo ricostruito casa nostra con i mattoni americani, ma in parte abbiamo accettato anche che fossero loro a decidere l’urbanistica.


2. Basi militari: ospiti o coinquilini ingombranti?

La presenza di basi e installazioni militari statunitensi in Italia inizia formalmente nel 1951, con accordi nel quadro della NATO.(Wikipedia)

Secondo una ricostruzione del 2013, sul territorio italiano erano presenti 9 basi/installazioni con personale USA (incluse quelle NATO), con circa 13.000 militari.(Wikipedia)

Fra i nodi più importanti:

  • Aviano (Friuli-Venezia Giulia) – base aerea chiave per le operazioni NATO in Europa e Mediterraneo.(RaiNews)

  • Sigonella (Sicilia) – hub della US Navy e delle operazioni nel Mediterraneo e in Medio Oriente (anche per droni e missioni di sorveglianza).(RaiNews)

  • Camp Darby (tra Pisa e Livorno) – enorme deposito logistico di munizioni, armi e mezzi militari, collegato direttamente al porto di Livorno e all’aeroporto di Pisa; definito supporto essenziale per operazioni su larga scala nel Mediterraneo.(Italian Facts)

Tutte queste strutture esistono in virtù di una fitta rete di accordi:

  • Accordo bilaterale USA–Italia sull’assistenza difensiva reciproca (Accordo di Washington, 1950)

  • Accordo bilaterale sulla sicurezza reciproca (Accordo di Roma, 1952)(iusinitinere.it)

  • Bilateral Infrastructural Agreement (BIA, 1954): un accordo ancora classificato che disciplina la presenza militare americana nelle infrastrutture italiane (Vicenza, Napoli, Gaeta, Sigonella, ecc.).(Limes)

Qui emerge la prima ombra: molto di ciò che regola la presenza militare USA in Italia non è pubblico. Parlamentari, costituzionalisti e associazioni chiedono da anni maggiore trasparenza, perché è difficile parlare seriamente di sovranità se i cittadini non possono leggere i trattati che riguardano il loro territorio.(iusinitinere.it)


3. Il nodo della sovranità: chi decide cosa succede sulle nostre basi?

Dal punto di vista formale, le basi sono su suolo italiano e sottoposte alla nostra sovranità. Ma nella pratica, l’operatività americana è molto ampia, e non sempre è chiaro:

  • chi autorizza l’uso di una base per un’operazione militare lontano dall’Italia,

  • quanto è coinvolto il Parlamento,

  • se certe missioni siano compatibili con l’articolo 11 della Costituzione, che “ripudia la guerra come strumento di offesa”.

Giuristi e studiosi hanno sollevato dubbi soprattutto quando le basi italiane sono state usate in operazioni controverse (Iraq, Libia, operazioni con droni, come nel caso dell’uccisione del generale iraniano Soleimani, che ha acceso un dibattito anche sul ruolo di Sigonella e Aviano).(iusinitinere.it)

Il punto non è “America sì, America no”, ma una domanda molto semplice e molto poco discussa nel dibattito pubblico:

Siamo davvero noi – come comunità politica – a decidere come viene usato il nostro territorio?


4. Gladio e strategia della tensione: il retroscena più oscuro

Quando si parla di “ombre” nei rapporti Italia–USA, il capitolo più delicato è quello degli anni di piombo e della cosiddetta strategia della tensione.

La “strategia della tensione” indica un piano volto a creare paura diffusa nella popolazione tramite atti terroristici, con l’obiettivo di destabilizzare l’ordine costituito e favorire assetti più autoritari. Il termine viene associato in particolare all’Italia degli anni ’60–’70.(Wikipedia)

Su questo sfondo si inserisce l’Operazione Gladio: una struttura clandestina paramilitare, collegata alla NATO, pensata come “stay-behind” nel caso di invasione sovietica. L’esistenza di Gladio è documentata e ricostruita da:

  • atti parlamentari e una commissione d’inchiesta italiana;(Senato della Repubblica)

  • studi come quelli di Daniele Ganser sugli “eserciti segreti della NATO”, che evidenziano il ruolo di reti clandestine in diversi paesi europei.(Thesis UniPD)

Le domande – ancora oggi non del tutto risolte – sono pesanti:

  • fino a che punto queste strutture parallele hanno influenzato la nostra vita democratica?

  • c’è stato un ruolo diretto o indiretto di apparati occidentali (inclusi quelli statunitensi) nei depistaggi o nella copertura di alcuni attentati?

Qui bisogna essere onesti: non esistono prove conclusive che chiudano la questione in modo semplice. Ci sono documenti declassificati, testimonianze, omissioni, “non ricordo”, e un mosaico di indizi che hanno portato molti storici a parlare di un “doppio livello” dello Stato, ma non a una versione univoca.(Istituto Nazionale Ferruccio Parri)

Il retroscena di verità che possiamo permetterci, senza scivolare nella fantasia, è questo:

  • in Italia hanno operato reti segrete legate alla NATO, create in collaborazione anche con servizi occidentali, inclusi quelli USA;

  • il loro perimetro reale d’azione e il loro eventuale coinvolgimento in episodi specifici resta in parte opaco, e questa opacità è di per sé un problema democratico.


5. Soft power: l’America dentro casa nostra

Ombre non sono solo basi e servizi segreti. C’è anche un altro tipo di presenza americana, più sottile e quotidiana:

  • la cultura pop (film, serie, musica, social);

  • il modello di consumo (centri commerciali, fast food, e-commerce);

  • il linguaggio del lavoro (startup, coaching, leadership, personal brand).

In parte è un arricchimento, in parte rischia di appiattire la nostra identità e il nostro immaginario, soprattutto quando non ne siamo consapevoli. Il “sogno americano” viene importato in silenzio e diventa la misura con cui giudichiamo noi stessi: il nostro modo di fare impresa, di lavorare, perfino di raccontare il successo e il fallimento.


6. Oggi: hub di guerra in un Paese che “ripudia la guerra”

Nel 2025 le basi americane in Italia vengono descritte dalle analisi geopolitiche e dai media come snodi strategici centrali per le operazioni USA e NATO nel Mediterraneo, in Nord Africa e in Medio Oriente.(RaiNews)

Questo significa, in concreto, che:

  • l’Italia è spesso retrovia logistica di conflitti che si combattono altrove;

  • qualsiasi escalation in Medio Oriente, in Nord Africa o nell’Europa orientale ci riguarda direttamente, perché passa anche dalle nostre infrastrutture;

  • la nostra politica estera è fortemente intrecciata con le priorità strategiche di Washington.

Tutto questo mentre la nostra Costituzione continua ad affermare, nero su bianco, il ripudio della guerra. La contraddizione non è teorica: tocca scelte di vita, flussi migratori, sicurezza, investimenti, credibilità internazionale.


7. Quale verità possiamo dirci, oggi?

Se vogliamo uscire dalla narrazione infantile dell’“America amica” e, allo stesso tempo, evitare il complottismo sterile, possiamo provare a fissare alcuni punti:

  1. Gli Stati Uniti sono stati essenziali per la nostra ricostruzione economica, ma questo è avvenuto dentro una logica di blocchi e di egemonia, non come semplice gesto di altruismo.(Wikipedia)

  2. La presenza militare USA in Italia è capillare e strutturale, regolata anche da accordi segreti o poco trasparenti, sui quali il dibattito pubblico è debole rispetto al loro impatto reale.(iusinitinere.it)

  3. Gli anni della strategia della tensione e di Gladio mostrano l’esistenza di livelli paralleli di potere, in cui servizi italiani e alleati occidentali hanno interagito in modi non sempre limpidi. Non conosciamo tutta la verità, ma sappiamo abbastanza per considerare quel periodo un monito permanente.(Senato della Repubblica)

  4. Il soft power americano ha plasmato anche il nostro immaginario, spesso senza che ce ne accorgessimo. Non è “male” in sé, ma diventa un problema se smettiamo di domandarci chi siamo noi, al di là dell’imitazione.(Geopop)

  5. La vera questione, oggi, è la sovranità consapevole: possiamo essere alleati senza essere sudditi? Possiamo restare nel quadro NATO e nell’orbita occidentale pretendendo però trasparenza su basi, accordi, utilizzo del nostro territorio?


8. E adesso?

Aprire questi retroscena non significa demonizzare gli Stati Uniti, ma smettere di raccontarci una favola. L’Italia non è un personaggio secondario nel film di qualcun altro: è un Paese che ha diritto di conoscere i patti in cui è coinvolto, di discutere pubblicamente il ruolo delle basi, di chiedere verità completa sulle zone oscure del proprio passato.

La vera “ombra” non è l’America in sé.
La vera ombra è il silenzio con cui, troppo spesso, accettiamo tutto questo senza farci domande.

Se vuoi, nel prossimo passo possiamo trasformare questo articolo in una serie di post (newsletter, caroselli social, o una mini-serie di approfondimento sul tuo blog), ciascuno dedicato a uno di questi capitoli: basi, Gladio, soft power, sovranità.



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