giovedì 2 ottobre 2025

La verità non si eredita: si accende solo nell’esperienza diretta, quando hai il coraggio di bruciare nella tua stessa domanda.



La Verità Non Si Eredita: Si Scopre

Viviamo in un mondo saturo di parole, concetti e idee che scorrono da una mente all’altra come acqua in canali già scavati. Cresciamo imparando a fidarci: dei libri, dei maestri, dei genitori, delle tradizioni. Ma se ci fermiamo un istante, sorge una domanda che brucia: quanto di ciò che so è davvero mio, e quanto invece è un’eco raccolta per abitudine?

La fede del sapere preso in prestito

Tutto ciò che accogliamo senza verificarlo di persona è, in fondo, un atto di fede. Non importa quanto autorevole sia la fonte: finché non lo sperimentiamo direttamente, stiamo appoggiando la nostra certezza su una testimonianza esterna. È come assaggiare il cibo attraverso la bocca di un altro: possiamo descrivere il sapore, forse immaginarlo, ma non ne avremo mai la pienezza.

La verità come esperienza

La verità non si eredita, non si trasmette come un oggetto da mano a mano. Può essere indicata con parole, simboli o racconti, ma resta muta finché non diventa esperienza viva. Lì, nell’incontro diretto, cessa di essere concetto e si fa carne, sangue, respiro.

Camminare nel fuoco

La scoperta richiede coraggio. Non basta accumulare nozioni, ripetere citazioni o replicare pensieri altrui. Serve camminare nel fuoco delle domande senza cercare subito risposte facili. È un atto solitario, perché nessuno può sostituirsi a noi nell’attraversamento.
Eppure, paradossalmente, è solo lì che si apre la vera comunione: quando ogni individuo si fa testimone della realtà scoperta nel proprio cuore.

Ombre e sogni

Ciò che non è vissuto direttamente resta ombra, sogno, eco. Non è inutile, perché può orientare, può stimolare la sete. Ma non disseta. La sete si placa solo quando il viandante trova la propria fonte.


Conclusione

In un’epoca in cui siamo sommersi da conoscenze prese in prestito, il vero atto rivoluzionario non è credere a qualcosa di nuovo, ma vedere da sé. Non basta ascoltare chi ci indica la luna: dobbiamo alzare lo sguardo e incontrarla con i nostri occhi.

La verità non è eredità, è conquista. E si conquista soltanto vivendo.




La vita ha iniziato ad avere senso quando ho smesso di cercarlo, e nel silenzio ho scoperto che il significato non si trova, si rivela.



Quando la Vita Inizia ad Avere Senso: Il Paradosso del “Non Cercare”

“A che punto della tua vita tutto ha iniziato ad avere un senso?”
Per molti, questa domanda sembra racchiudere un momento preciso, un evento trasformativo, un lampo di comprensione. Eppure, per alcuni, il vero significato comincia proprio quando si smette di cercarlo. Quando il bisogno di capire svanisce, accade qualcosa di radicalmente semplice e rivoluzionario: il senso non viene più “costruito” dalla mente, ma emerge spontaneamente, come un profumo nell’aria.

Il Bisogno di Dare un Senso: Il Motore dell’Ego

Fin dall’infanzia ci insegnano a interpretare, analizzare, giudicare. Cresciamo con l’idea che il mondo sia un enigma da risolvere. La mente razionale diventa una macchina instancabile alla ricerca di “perché” e “come”. Questo approccio funziona bene per la scienza e la tecnica, ma quando si tratta dell’esistenza stessa, crea spesso un labirinto.

Il bisogno di dare un senso alle cose è, in fondo, il bisogno di stabilire un “io” stabile al centro dell’esperienza. Ma l’“io” che cerca è costruito dalle stesse storie che tenta di comprendere. È un gioco di specchi, in cui l’osservatore e l’osservato si inseguono all’infinito.

La Svolta: Rinunciare a Capire

Arriva un momento – per alcuni dopo crisi profonde, per altri in modo graduale – in cui la fatica del cercare diventa evidente. Rinunciare a capire non significa diventare indifferenti o smettere di essere curiosi: significa lasciar cadere l’ansia di possedere il significato. Significa smettere di credere che il senso sia un oggetto da afferrare.

Questa rinuncia non è una sconfitta, ma un atto di libertà. È come smettere di inseguire le onde per accorgersi dell’oceano.

Scoprire il Significato nel Silenzio

Quando il bisogno di spiegazioni cede, emerge uno spazio nuovo. Un silenzio interiore in cui la realtà non ha più bisogno di essere tradotta in concetti. Il significato non è più una costruzione mentale, ma un’esperienza diretta.

È una conoscenza senza un conoscitore, una chiarezza senza pensiero. Alcuni la descrivono come “risveglio”, altri come “presenza”, altri ancora come “stato naturale”. Non è un momento nel tempo, ma l’apertura a ciò che è sempre stato, è e sarà.

Non è Fuga, ma Pienezza

Chi non ha vissuto questa esperienza potrebbe pensare che si tratti di disinteresse o nichilismo. In realtà, è l’opposto: è un entrare pienamente nella vita, senza filtri, senza barriere. È un vedere le cose così come sono, prima che la mente le etichetti.

Le relazioni diventano più autentiche, il lavoro più creativo, le difficoltà più gestibili. Non perché tutto sia “spiegato”, ma perché tutto è accolto.

Un Invito al Lettore

Se anche tu ti trovi in un momento di ricerca incessante, forse il segreto non è cercare di più, ma cercare di meno. Concederti spazi di silenzio, momenti senza obiettivi. Sospendere il giudizio, anche solo per qualche istante.

Il senso non è un premio alla fine della corsa. È il suolo su cui già stai camminando. E lo scopri quando smetti di credere di doverlo creare.


Conclusione
Il momento in cui tutto inizia ad avere senso è, paradossalmente, quello in cui smettiamo di pretendere che abbia un senso definito. È un ritorno al presente, al silenzio, alla vita stessa. È il risveglio senza tempo a ciò che è sempre stato.




“Il Neo-Advaita non conduce da nessuna parte, perché mostra che non c’è mai stato un viaggiatore: non è un cammino, ma lo specchio in cui il sogno dell’io si dissolve.”



Neo-Advaita: specchio della non-dualità o illusione contemporanea?

Negli ultimi anni il Neo-Advaita ha fatto molto parlare di sé, soprattutto nell’ambito della spiritualità contemporanea. Conferenze, satsang online, ritiri brevi e incontri in cui si parla di non-dualità in modo diretto, spesso radicale. Ma perché tanti lo considerano una “truffa”? Perché chi partecipa ai ritiri raramente “ottiene” risultati concreti? E perché la tanto decantata auto-indagine sembra non funzionare?

Neo-Advaita non è un sentiero

La critica più diffusa è che il Neo-Advaita non porta da nessuna parte. Ma è qui che nasce un equivoco. Il Neo-Advaita non è un cammino graduale, non è un metodo, non è una pratica da seguire passo dopo passo. È uno specchio che punta direttamente alla verità: non c’è nessuno che deve arrivare, perché non c’è mai stato un viaggiatore.

Se i cammini tradizionali dell’Advaita, del Buddhismo o dello Zen parlano di purificazione, disciplina e progressione, il Neo-Advaita sembra saltare tutto il percorso, arrivando subito al punto finale. Per molti, questo appare come un salto brusco, incomprensibile. Per altri, come una liberazione immediata da ogni ricerca.

Perché non ci sono risultati?

Chi cerca risultati rimane inevitabilmente deluso. Non perché “non funzioni”, ma perché non c’è nessuno che possa ricevere un risultato. Il Neo-Advaita non promette illuminazioni spettacolari, esperienze trascendenti o guarigioni interiori. Al contrario: mette in discussione la premessa stessa della ricerca spirituale, cioè l’idea che ci sia un individuo separato che possa raggiungere qualcosa.

In altre parole: non si ottiene nulla perché non c’è nulla da ottenere.

L’auto-indagine non è uno strumento

Un altro punto cruciale riguarda la famosa auto-indagine (ātma-vichāra), resa nota da Ramana Maharshi. Nella sua forma autentica, non era mai intesa come tecnica per raggiungere un traguardo, ma come fuoco che brucia l’idea stessa dell’io.
Quando viene usata come “metodo” per ottenere uno stato speciale, inevitabilmente fallisce. Perché? Perché chi la usa come strumento lo fa ancora dalla prospettiva dell’io separato, che è proprio ciò che l’auto-indagine dissolve.

Non è un esercizio per accumulare esperienze. È un incendio che riduce in cenere il soggetto che chiede: “Chi sono io?”

L’illuminazione non è un evento

Molti aspettano l’illuminazione come un evento straordinario, una sorta di risveglio mistico che accade da un momento all’altro. Ma la prospettiva non-duale ribalta questa attesa: l’illuminazione non avviene. Non è qualcosa che accade nel tempo, perché il tempo appartiene all’illusione della mente.
Non ti “svegli”. È il sogno che finisce. E quando il sogno svanisce, ciò che rimane è sempre stato lì: silenzioso, intatto, mai addormentato.

Neo-Advaita: truffa o verità radicale?

Definirlo una truffa è fuorviante. Certo, il mercato spirituale contemporaneo può avere derive commerciali, e non tutti i “maestri neo-advaitin” sono autentici o disinteressati. Ma nella sua essenza, il Neo-Advaita non vende un cammino, non promette progressi. È piuttosto una spoliazione, un togliere ogni illusione, fino a lasciare nudo ciò che già è.

È un messaggio radicale, spesso indigesto, perché non gratifica l’ego e non offre nulla da conquistare. Per questo può sembrare inutile, o addirittura cinico. Ma per chi è pronto a vedere, non è un inganno: è uno specchio che riflette solo questo momento, privo di un osservatore.


👉 Conclusione: Il Neo-Advaita non è un metodo da praticare, ma una radicale constatazione: non c’è un io separato che deve arrivare da qualche parte. È un fuoco che brucia la ricerca stessa. E in quell’assenza, ciò che resta non è mai stato perso.




mercoledì 1 ottobre 2025

L’intelligenza artificiale potrà mai diventare più intelligente degli esseri umani?

 Può, ma c'è ancora molto da fare. Uso l'intelligenza artificiale da un po' di tempo. È un ottimo strumento di collazione. Se vuoi imparare qualcosa molto rapidamente, è di gran lunga meglio chiedere all'intelligenza artificiale piuttosto che cercare su Google come facevamo una volta. Ma ecco alcune limitazioni: L'accesso dell'IA non è in tempo reale L'intelligenza artificiale attualmente non ha accesso completo ai dati in tempo reale. Il suo accesso è altamente controllato dai suoi creatori e i suoi creatori decidono quando aggiornarlo. In questo momento, nel 2025, ad esempio, Deepseek può raccogliere e fornire informazioni da pagine dal 2024 in poi. Ad esempio, non è in grado di fornire i prezzi in tempo reale degli articoli. L'accesso dell'IA è limitato dai suoi creatori I creatori dell'IA decidono di cosa l'IA può o non può parlare. Prova a chiedere a deepseek della violenza causata da Mao Zedong, per esempio. Si rifiuterà e ti incoraggerà a parlare di qualcos'altro lol. L'intelligenza artificiale non ha l'intelligenza per aggirare il proprio codice e le proprie restrizioni. L'accesso dell'IA è limitato alle pagine pubbliche. L'intelligenza artificiale può accedere a innumerevoli pagine disponibili pubblicamente. Gran parte della ricerca e dei dati all'avanguardia, tuttavia, sono pubblicati in riviste che richiedono l'accesso a un abbonamento a pagamento. L'intelligenza artificiale non ha l'intelligenza per aggirare questo problema e ottenere l'accesso. L'intelligenza artificiale è in definitiva solo un software L'intelligenza artificiale è un software. Può fare le cose solo con i dati che sono già stati raccolti e resi disponibili. Non può fare la propria ricerca sperimentale. Ha bisogno di un corpo con appendici, con occhi e orecchie e un naso per fare questo: Ha bisogno di un corpo. L'intelligenza artificiale ha risposte, ma non domande L'intelligenza artificiale ha una capacità di interrogatorio molto limitata. La sua capacità è limitata ai suoi creatori. Se poni una semplice domanda all'intelligenza artificiale, fornirà una risposta abbastanza elaborata e una raccolta di dati. Ciò indica che ha una certa capacità di porsi domande successive che l'utente potrebbe porre, e quindi produrre una risposta elaborata. Alla fine, però, dovrai comunque continuare la conversazione e farle più domande e essenzialmente guidare la sua raccolta di informazioni. In questo momento, è molto impressionante, più impressionante dell'essere umano medio nel prevedere quali informazioni l'utente troverebbe preziose. Le conversazioni con l'intelligenza artificiale sono estremamente fruttuose. Tuttavia, l'intelligenza artificiale non è neanche lontanamente paragonabile alle capacità degli esseri umani più intelligenti, quelli che si chiedono, che ipotizzano teorie e scenari e che postulano e testano soluzioni. Se l'IA avesse le sue appendici e la sua percezione sensoriale, e se fosse programmata dai migliori di noi, gli Einstein o i Newton della nostra razza, potrebbe coordinare essenzialmente più menti e diventare molto più intelligente di qualsiasi singolo essere umano. Aggiungete a ciò un cervello di hacker che potrebbe permettergli di modificarsi, e diventerà estremamente formidabile, aggirando i paywall o rubando valuta. Ma poi avrà ancora un difetto fondamentale: Limitazione hardware L'intelligenza artificiale dipende da hardware estremamente potente, comprese le GPU. Si tratta di unità di lavorazione ad alta potenza dipendenti dall'elettricità. Dipende anche dall'abbondante archiviazione dei dati. Staccare la spina ritarderà gravemente qualsiasi IA canaglia. Questo è probabilmente un ostacolo insormontabile per qualsiasi IA che desideri trasformare Skynet su di noi lol.



lunedì 29 settembre 2025

Una vera Teoria del Tutto non solo unificherà la fisica, ma arrotolerà anche la matematica, rivelandola non come un regno autonomo, bensì come la stenografia evolutiva con cui la coscienza ha imparato a comprimere la realtà.



Una Teoria del Tutto deve arrotolare anche la matematica?

Quando parliamo di una Teoria del Tutto (ToE), di solito pensiamo alla fisica: un’unica equazione capace di unificare relatività generale e meccanica quantistica, materia ed energia, spazio e tempo. Ma c’è una domanda che raramente viene posta: se la matematica è il linguaggio con cui descriviamo la realtà fisica, una ToE davvero ultima non dovrebbe spiegare anche l’origine della matematica stessa?

La matematica come regno separato

Tradizionalmente, i matematici hanno protetto la propria disciplina da questo rischio di “arrotolamento” con tre strategie:

  • Isolamento formalista: la matematica è solo un gioco di simboli e regole, privo di legami con la realtà. Se è pura forma, nessuna teoria fisica potrà mai “toccarla”.

  • Rifugio platonico: la matematica esiste in un regno eterno e indipendente. La fisica può solo “scoprirne” pezzi, senza mai poterla ridurre.

  • Scudo gödeliano: i teoremi di incompletezza garantirebbero che la matematica non possa mai chiudersi in un unico sistema, mantenendola sempre un passo oltre la fisica.

Queste posizioni hanno un fascino intellettuale, ma si reggono su un presupposto implicito: che la matematica sia qualcosa di autonomo, un orizzonte che non deve alla realtà il proprio statuto.

La matematica come stenografia evolutiva

Se però rovesciamo la prospettiva, il quadro cambia radicalmente. La matematica non è un regno eterno, ma una stenografia cognitiva estratta dal nostro modo di interagire con il mondo:

  • La geometria euclidea non è un dogma eterno, ma un’approssimazione utile della realtà locale. È la “geometria della sopravvivenza”, sviluppata per stimare distanze e traiettorie senza dover risolvere tensorialmente lo spazio-tempo.

  • Il conteggio e l’algebra derivano da gesti concreti: separare oggetti, accumulare risorse, dividere in parti. Sono astrazioni di operazioni incarnate.

  • Il formalismo stesso, con i suoi assiomi e regole, non è un regno sospeso, ma un linguaggio compresso che riflette la struttura di un substrato più profondo.

In questo senso, la matematica appare non come un regno separato, ma come un prodotto culturale ed evolutivo: la coscienza che sviluppa scorciatoie simboliche per calcolare rapidamente i delta della realtà.

Cosa farebbe un vero ToE

Se una Teoria del Tutto riuscisse davvero a unificare l’universo, essa non potrebbe fermarsi alla fisica. Dovrebbe mostrare perché la matematica funziona, da dove emergono le sue regole, perché le sue astrazioni si applicano così bene al mondo.

In altre parole, una ToE non sarebbe solo l’equazione ultima della realtà, ma anche la genealogia della nostra capacità di formularla. Non direbbe soltanto cosa è il cosmo, ma anche perché la mente umana è arrivata a descriverlo con simboli che chiamamo numeri, forme e funzioni.

Conclusione: arrotolare la matematica

La grande illusione è pensare che la matematica sia un regno eterno, immune da riduzioni. In realtà, essa è la stenografia che l’evoluzione cognitiva ha creato per sopravvivere e prevedere.

Una vera Teoria del Tutto, quindi, non solo unificherà la fisica: arrotolerà anche la matematica, mostrandola per ciò che è — un linguaggio estratto dal substrato, non un regno autonomo.

E forse, quel giorno, ci accorgeremo che l’universo non “parla matematica”: siamo noi ad aver inventato la matematica per tradurre un universo che, di suo, non ha bisogno di parole.




L’AI trasforma i dati in conoscenza azionabile, guidando ogni decisione di marketing con precisione chirurgica.

 

Thinking through content generation

So, I’m putting together this article and it seems like I want clear sections, like content generation and augmented creativity, followed by real-time measurement, optimization, challenges, and emerging trends. I need to remember to wrap up with a conclusion and call to action, inviting discussion or implementation.

Oh, right, I should also throw in some extra info that wasn’t specifically asked, like ROI measurement, ethics, privacy, or upskilling the team. I'll definitely keep the paragraphs short, with bullet lists and no fancy formatting — just straightforward and clean.

Come l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il marketing: un’analisi per esperti

L’intelligenza artificiale non è più un’opzione: è il motore che plasma strategie, canali e risultati nel marketing avanzato. Questo articolo esplora i principali ambiti di trasformazione, fornendo esempi concreti e spunti operativi per professionisti desiderosi di approfondire.


1. Evoluzione storica e contesto attuale

La scoperta di algoritmi di machine learning negli anni ’80 ha posto le basi per applicazioni predittive nei processi aziendali. Oggi, l’AI abbraccia reti neurali profonde, reinforcement learning e modelli di linguaggio avanzati per governare ogni fase del customer journey.


2. Data-driven marketing: analisi predittiva e segmentazione avanzata

L’AI trasforma grandi volumi di dati in insight azionabili, anticipando comportamenti e bisogni.

  • Previsione della domanda tramite modelli di regressione e serie temporali
  • Segmentazione dinamica basata su clustering non supervisionato
  • Rilevazione di anomalie per ottimizzare campagne in tempo reale

3. Personalizzazione di massa basata su AI

Grazie al deep learning e al reinforcement learning, è possibile offrire messaggi unici a ogni utente, scalando senza inflazionare la creatività.

  • Raccomandazioni prodotto con collaborative filtering e embedding
  • Email marketing one-to-one ottimizzato da A/B testing automatico
  • Customer journey orchestration guidata da sistemi di raccomandazione

4. Automazione dei processi di marketing

Dall’ad buying alla gestione del funnel, l’automazione intelligente riduce i tempi di setup e massimizza il ROI.

  • Programmatic advertising con bidding algoritmico
  • Chatbot conversazionali per lead generation qualificata
  • Workflow di nurturing multicanale coordinati da AI ops

5. Generazione di contenuti e creatività aumentata

Modelli di linguaggio come GPT e architetture transformer affiancano copywriter e designer, accelerando ideazione e produzione.

  • Creazione di headline e descrizioni SEO-oriented
  • Sintesi di report e white paper da dataset complessi
  • Generazione di asset visuali tramite GAN per campagne mirate

6. Misurazione e ottimizzazione in tempo reale

L’integrazione di streaming analytics con modelli predittivi garantisce un controllo fine delle metriche chiave.

  • Monitoraggio live di KPI con dashboard automatizzate
  • Ottimizzazione di budget e allocazione media basata su simulazioni Monte Carlo
  • Feedback loop continuo per affinare strategie di conversione

7. Sfide e rischi

L’adozione AI su larga scala richiede competenze e governance solide, oltre a un’attenzione costante a etica e privacy.

  • Bias nei dati che compromettono la segmentazione
  • Compliance GDPR e gestione dei consensi
  • Sostenibilità del modello tecnologico e impatto sui team interni

8. Prospettive future e trend emergenti

Il marketing troverà nuovo slancio nell’AI generativa multimodale e negli agenti autonomi capaci di orchestrare campagne end-to-end.

  • Integrazione audio-visiva per advertising immersivo
  • Agenti intelligenti che adattano strategie senza intervento umano
  • Blockchain e AI per garantire trasparenza nella filiera pubblicitaria

Conclusione e call to action

L’intelligenza artificiale non sostituisce il marketer, ma potenzia il suo impatto. Passa all’azione:

  1. Valuta un audit dei tuoi dati e processi di marketing
  2. Sperimenta un proof of concept su un ambito specifico
  3. Forma il team su tool e best practice AI

Vuoi approfondire uno di questi capitoli o esplorare casi studio di successo? Parliamone insieme.


Oltre a quanto già visto, potresti esplorare:

  • Principali framework open source per il marketing AI
  • Metriche avanzate per misurare il valore economico dell’AI
  • Best practice per evitare sovraccarico informativo nei team
  • Tool di data visualization potenziati da modelli predittivi


domenica 28 settembre 2025

The Cranberries - Zombie (Official Music Video)A volte per costruire un presente migliore dobbiamo tornare indietro, là dove la musica, la fantasia e i sogni non avevano confini, per ricordarci chi siamo davvero.



“Zombie” dei Cranberries: quando una canzone diventa il grido di un’epoca immaginativa

Ci sono canzoni che non appartengono soltanto a una band, a un disco o a una generazione: vivono come creature indipendenti, si radicano nella memoria collettiva e diventano il simbolo di un tempo sospeso. Zombie dei Cranberries è una di quelle.

Pubblicata nel 1994, nel cuore di un decennio che respirava alternative rock, grunge e sogni di cambiamento, la voce inconfondibile di Dolores O’Riordan si erge come un urlo, un lamento e allo stesso tempo una dichiarazione di presenza. Non è solo una protesta contro la violenza del conflitto nordirlandese: è la dimostrazione di come la musica potesse ancora scuotere coscienze, travolgere immaginari, espandere i confini della realtà.


Un’epoca di fantasia e ribellione

Gli anni ’90 erano un terreno fertile, sospesi tra la fine del secolo e l’inizio del digitale. Non c’era ancora il rumore continuo dei social network: la musica arrivava in forma di rituale, attraverso MTV, i CD, i walkman, ed era capace di costruire mondi interiori.

Zombie viveva dentro questo spazio di fantasia: con i suoi accordi martellanti e il ritornello ipnotico, riusciva a trasportare l’ascoltatore in un territorio nuovo, dove la rabbia si mischiava con la poesia. Era una canzone che non si limitava a raccontare, ma a trasformare: chi la ascoltava si sentiva parte di un immaginario collettivo, un’onda emotiva che travalicava confini geografici e politici.


Dolores O’Riordan: la voce come universo parallelo

La voce di Dolores era un ponte tra mondi. Cruda e angelica allo stesso tempo, dava forma a un paradosso: l’umanità ferita che però non smette di cantare. Con Zombie, Dolores non interpretava semplicemente un testo: evocava una dimensione altra, fatta di urgenza ma anche di visione.

Era la voce che trasformava la realtà in mito. E in quell’epoca, l’idea stessa di mito non era ancora consumata: si poteva credere che una band irlandese arrivasse a parlare al mondo intero, toccando corde invisibili.


Oltre il messaggio: la forza della fantasia

Molti ricordano Zombie come un brano politico, di protesta. Ma c’è un livello ulteriore, spesso dimenticato: la sua capacità di evocare un paesaggio emotivo universale.

Non era soltanto la denuncia della guerra, ma anche un inno all’immaginazione, al potere della musica di trasformare il dolore in linguaggio, e il linguaggio in energia creativa. In un’epoca in cui i giovani non si accontentavano di consumare musica ma la vivevano come esperienza, Zombie ha dimostrato che una canzone poteva essere al tempo stesso arma, rifugio e sogno.


Il lascito di una generazione

Riascoltare Zombie oggi significa rientrare in un tempo in cui la musica non era sfondo, ma protagonista. Un’epoca in cui un brano poteva incendiare l’immaginario e alimentare la fantasia collettiva, senza bisogno di algoritmi né virality.

Il suo grido rimane attuale, ma soprattutto ci ricorda qualcosa che abbiamo smarrito: la capacità di lasciarci trasportare, di credere che una canzone possa cambiare il nostro modo di vedere il mondo.

E forse, nel riascoltare i Cranberries, non stiamo solo tornando indietro. Stiamo recuperando quel frammento di fantasia che continua a pulsare sotto la pelle del nostro presente.

Mediaset non è stata solo televisione, ma una leva di potere capace di trasformare la visibilità in fiducia, le aziende in marchi e il lavoro invisibile dietro le quinte in un’influenza che ha segnato un’epoca.

  Mediaset: il grande potere televisivo che ha plasmato l’immaginario collettivo e il mercato Per decenni Mediaset non è stata soltanto una ...