GAZZETTA QUANTICA PASSEGGIACONOI.
“Sii onesto. Dì quello che intendi e intendi quello che dici.”
Il bigliettino da visita che dovremmo tenere sempre in tasca.
1. Perché l’onestà è il vero «biglietto da visita»
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Filosofia morale e virtù civica
Aristotele la chiamava alêtheia (veridicità): dire la verità su sé stessi e sulle cose. Per Kant è un dovere categorico; per i pensatori esistenzialisti (da Heidegger a Sartre) è l’unico modo di sottrarsi all’inautenticità. In ogni corrente, l’onestà verbale è il primo mattone della fiducia sociale. -
Metafora del “biglietto da visita”
Dal XVIII secolo il «biglietto da visita» era il supporto cartaceo con cui ci si presentava. Ancora oggi l’espressione sopravvive—sebbene la Crusca ricordi che in origine si dicesse «biglietto di visita»—come sinonimo di prima impressione, qualunque sia il mezzo di comunicazione (Accademia della Crusca). -
Brevità ed essenzialità
Un biglietto è piccolo (84 × 55 mm lo standard europeo) (Moo): non c’è spazio per orpelli. Allo stesso modo, dire ciò che si intende – senza giri di parole – elimina il “rumore di fondo” che annoia o sospettisce chi legge.
2. Capitolo «Blogger»: come trasformare l’onestà in pratica editoriale
| Obiettivo | Pratiche concrete | Segnali per il lettore |
|---|---|---|
| Trasparenza di intenti | Apri ogni post con una premessa (“Perché ne parlo”, “Cosa ne ricava chi legge”). | Il lettore capisce subito se vale la pena continuare. |
| Vocazione personale | Racconta la tua esperienza diretta, cita le fonti, ammetti i limiti. | Si crea un rapporto “da pari” basato su vulnerabilità autentica. |
| Etica della sponsorizzazione | Dichiara partnership / affiliazioni in testata o nell’incipit (“Post sponsorizzato – opinioni mie”). | Fiducia: chi legge non teme retropensieri. |
| Correzione degli errori | Mantieni un registro pubblico delle revisioni (“Aggiornato il …: corretto un dato impreciso”). | Dimostri che la verità conta più della vanità. |
| Coerenza tra parole e azioni | Se proponi un consiglio, mostra (o linka) come lo applichi tu stesso. | Trasformi la teoria in prova tangibile. |
3. Strumenti per “dire ciò che intendi”
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Schema HED (Headline–Explanation–Detail)
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Headline: una frase che esplicita l’idea portante (“Dirò X perché Y è cruciale”).
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Explanation: 2‑3 periodi chiave che sviluppano lo scopo.
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Detail: esempi, dati, storie vive.
Struttura serrata = meno tentazione di divagare.
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Checklist di franchezza (prima di pubblicare):
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Ho eliminato avverbi attenuanti inutili (“probabilmente”, “forse”)?
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Ho sostituito gergo specialistico con termini comprensibili?
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Ho citato la fonte primaria per ogni dato?
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Ho chiarito cosa NON so o dove la mia opinione può essere discutibile?
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Tecnica del “lettore ideale”
Visualizza una persona reale che conosci e chiediti: capirebbe? si fiderebbe? troverebbe concreto valore? Se la risposta è “no” in una delle tre domande, riscrivi.
4. Anatomia di un post onesto (scheletro)
Titolo: Intendi quello che dici: perché la trasparenza vince sempre
Hook (≤ 35 parole): Spiega all’istante il beneficio per il lettore.
Tesi in una frase: “L’onestà editoriale riduce il bounce‑rate e aumenta la reputazione a lungo termine”.
Sezione A – Confessione: Racconta un caso in cui hai sbagliato (empatia).
Sezione B – Analisi: Dati/ricerche che mostrano l’effetto della trasparenza su fiducia e conversioni.
Sezione C – Action list: Tre azioni implementabili in 10 minuti.
Chiusura circolare: Richiama l’hook iniziale e invita al confronto nei commenti.
5. Le tre dimensioni dell’onestà digitale
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Linguistica – parole semplici, verbi attivi, evitamento del “corporatese”.
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Relazionale – riconoscere l’altro come soggetto, non come traffico.
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Temporale – coerenza nel tempo: se ieri difendevo X, oggi spiego perché potrei cambiar idea.
6. Quando “dire tutto” non è onesto
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Privacy altrui: rivelare dati sensibili di terzi senza consenso è violazione, non trasparenza.
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Auto‑indulgenza: trasformare il blog in diario terapeutico può sovraccaricare il lettore; filtrare è rispetto, non censura.
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Tempi di elaborazione: a volte è più sincero dire “tornerò sull’argomento” che improvvisare risposte affrettate.
7. Un esercizio finale
Sfida dei 100 tweet: Raccogli i tuoi ultimi 100 tweet/post e chiediti per ciascuno:
– Sto dicendo chiaramente ciò che penso?
– Sto aggiungendo valore concreto?
– È coerente con ciò che faccio offline?
Elimina o riformula tutto ciò che non supera il triplo test. È un modo brutale – ma illuminante – per lucidare la “targhetta” che mostri al mondo.
In sintesi
Tenere in tasca quel simbolico biglietto da visita significa identificare l’onestà come primo filtro: se qualcosa non supererebbe l’esame della chiarezza e della coerenza, scartalo. Nel blogging – come nelle relazioni umane – questa semplicità è tutt’altro che banale: è la differenza tra costruire comunità durature e lasciar scorrere solo altri byte nell’infinito rumore della rete.
“Sii onesto. Dì quello che intendi e intendi quello che dici. Tutto il resto è noia.”
Fanne un mantra editoriale: poche parole, una promessa solida, nessuna scusa.
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