venerdì 21 novembre 2025

Essere uomini di una volta oggi significa camminare disarmati in un mondo armato di indifferenza, scegliendo comunque di guardare negli occhi chiunque ci passa accanto.

 

Essere “uomini di una volta” in un mondo che non sa più guardare negli occhi

Viviamo in una società che ti dice che puoi avere tutto: successo, riconoscimento, oggetti, distrazioni infinite.
Ma c’è una cosa che sembra non rientrare più nel “pacchetto”: il rispetto per chi abbiamo di fronte, soprattutto quando quella persona non è considerata “importante” dal punto di vista sociale.

E in mezzo a questo scenario, chi cerca ancora di vivere con valori “di una volta” – rispetto, parola data, empatia, onestà – spesso si sente fuori posto, quasi sbagliato.
Eppure, è proprio qui che inizia la vera forza.


1. L’uomo che non urla più forte, ma sente di più

Oggi sembra che venga ascoltato solo chi urla, chi ostenta, chi si impone.
Se non sei aggressivo, se non sgomiti, sembra che tu venga automaticamente messo ai margini.

L’“uomo di una volta”, invece, è quello che:

  • non ha bisogno di umiliare qualcuno per sentirsi più grande;

  • non misura il suo valore in base ai numeri, ma in base alla coerenza;

  • non cerca lo scontro, ma il dialogo, anche quando costa fatica.

Questo modo di essere oggi viene frainteso come debolezza. Ma è esattamente il contrario: ci vuole molto più coraggio a rimanere gentili in un mondo che ti spinge a indurirti.


2. L’illusione di avere tutto: la grande bugia contemporanea

La società di oggi ci bombarda con un messaggio semplice e tossico:
“Puoi avere tutto. E se non ce la fai, è colpa tua”.

Così inseguendo il tutto, perdiamo il vero:

  • rincorriamo oggetti, e smettiamo di vedere le persone;

  • collezioniamo esperienze, ma non ci fermiamo abbastanza per viverle davvero;

  • riempiamo la vita di cose, ma lasciamo vuoti i rapporti.

L’illusione non è solo quella di “avere tutto nella vita”, ma quella ancora più sottile di bastare a se stessi, senza aver bisogno dell’altro.
È una bugia comoda, ma ci rende soli, cinici, sospettosi.


3. Dare importanza a chi abbiamo di fronte: una rivoluzione silenziosa

In un mondo che valuta gli esseri umani a seconda di:

  • quanto guadagnano

  • quanto appaiono

  • cosa possiedono

scegliere di dare importanza a qualcuno che non viene valutato, che non ha titoli, potere o visibilità… è un atto rivoluzionario.

Significa affermare una verità scomoda:

“Tu sei importante non per quello che hai, ma per quello che sei.”

Dare importanza a chi abbiamo di fronte vuol dire:

  • ascoltare davvero, non solo aspettare il nostro turno per parlare;

  • riconoscere la fatica degli altri, anche se non è spettacolare;

  • avere rispetto per il cammino di chi incrocia il nostro, anche solo per un attimo.

È facile essere gentili con chi ammiriamo.
La vera prova comincia quando davanti a noi c’è qualcuno che il mondo considera “nessuno”.


4. Essere non valutati, ma restare dignitosi

Una delle esperienze più dolorose è sentirsi invisibili.
Essere presi per scontati. Fare il proprio dovere, dare il massimo, e non ricevere né riconoscimento né rispetto.

Qui succede qualcosa di delicato dentro di noi: abbiamo una scelta.

  • O diventiamo come il mondo che ci ha ferito: cinici, arrabbiati, pronti a restituire la stessa indifferenza.

  • Oppure decidiamo di non farci modellare dal peggio che vediamo.

Essere “uomini di una volta” non significa vivere nel passato, ma proteggere una certa idea di dignità interiore:

  • continuare a salutare anche chi non risponde;

  • continuare a essere onesti anche se la scorciatoia sarebbe più conveniente;

  • continuare a rispettare gli altri, anche quando non veniamo rispettati.

Non è masochismo. È una scelta identitaria:

“Io non divento come ciò che mi ferisce.”


5. Orgogliosi di accettare il prossimo

“Accettare il prossimo” oggi viene spesso confuso con una frase da poster motivazionale.
In realtà è uno dei gesti più difficili che esistano.

Accettare il prossimo significa:

  • capire che non tutti hanno la nostra storia, e quindi non possono avere le nostre reazioni;

  • smettere di pretendere perfezione dagli altri, sapendo che nemmeno noi siamo perfetti;

  • riconoscere che anche chi sbaglia è spesso il risultato di ferite, paure, mancanze.

Essere orgogliosi di questo non vuol dire sentirsi moralmente superiori, ma sapere che stiamo scegliendo coscientemente un modo di stare al mondo:

  • un modo che non alimenta l’odio;

  • che non aggiunge altra violenza alla violenza;

  • che non risponde alla superficialità con altra superficialità.

È una forma di orgoglio diversa:
non è quello che gonfia il petto, ma quello che tiene dritta la schiena, anche quando nessuno ti applaude.


6. La fatica di restare buoni (quando nessuno ti vede)

La bontà oggi è spesso spettacolarizzata: gesti buoni, ma solo se fotografabili, condivisibili, esibibili.
La vera bontà, però, accade quasi sempre lontano dai riflettori.

Resta “uomo di una volta” chi:

  • aiuta senza scriverlo sui social;

  • chiede scusa anche se nessuno lo obbliga;

  • tiene la porta aperta – in senso letterale e metaforico – a chi arriva dopo.

Questa fatica è reale, logora, a volte fa pensare: “Ma chi me lo fa fare?”
Eppure, ogni volta che scegliamo di comportarci così, stiamo affermando un principio fondamentale:

L’essere umano conta. Sempre. Anche quando il mondo se ne dimentica.


7. Non adattarsi al peggio: il vero atto di coraggio

L’aggressività sociale di oggi ha un effetto pericoloso:
ti spinge a adattarti, a uniformarti, a diventare “duro” per sopravvivere.

Il rischio è che, per non soffrire, smettiamo di sentire.

Essere “uomini di una volta” in questo clima significa:

  • proteggere la propria sensibilità come un valore, non come un difetto;

  • non vergognarsi di provare empatia, commozione, tenerezza;

  • non lasciarsi trascinare dalla corrente del cinismo.

Non è questione di essere ingenui.
Si può essere lucidi, consapevoli, perfino disincantati…
ma scegliere comunque di non rinunciare al rispetto, alla gentilezza, alla capacità di vedere l’altro come un essere umano e non come un ostacolo.


8. Il principio più vero: l’altro come specchio della nostra umanità

Alla fine, tutto si riduce a una domanda:
Come tratto chi ho davanti?

Non chi mi può essere utile. Non chi mi può aprire una porta.
Proprio chi ho davanti, qui, ora.

Perché in quella relazione minuscola, quotidiana, apparentemente insignificante, si vede chi siamo davvero:

  • come parliamo a chi è stanco;

  • come ci comportiamo con chi non può ricambiarci;

  • come reagiamo di fronte alla fragilità altrui.

Essere “uomini di una volta” oggi significa questo:

  • mettere al centro la persona, non il ruolo;

  • ricordarsi che anche chi non è “valutato” da nessuno ha una storia, un cuore, un valore;

  • capire che ogni sguardo che incontriamo è un’occasione per scegliere che tipo di esseri umani vogliamo essere.


Conclusione: Tenersi stretti i propri valori è un atto di resistenza

In una società aggressiva e piena di illusioni, rimanere fedeli a certi valori non è nostalgia del passato:
è resistenza morale.

Essere orgogliosi di accettare il prossimo, dare importanza a chi ci sta di fronte, restare gentili anche quando non conviene… tutto questo non è debolezza.

È una dichiarazione potente:

“Io scelgo di rimanere umano, anche quando il mondo sembra averlo dimenticato.”

E forse, senza fare rumore,
sono proprio queste persone – gli “uomini di una volta” – a tenere ancora in piedi ciò che di più prezioso abbiamo:
la capacità di riconoscerci negli occhi dell’altro.



Nessun commento:

Posta un commento

Mediaset non è stata solo televisione, ma una leva di potere capace di trasformare la visibilità in fiducia, le aziende in marchi e il lavoro invisibile dietro le quinte in un’influenza che ha segnato un’epoca.

  Mediaset: il grande potere televisivo che ha plasmato l’immaginario collettivo e il mercato Per decenni Mediaset non è stata soltanto una ...