mercoledì 12 novembre 2025

Pensare o perdersi nei pensieri? La sottile linea tra chiarezza e smarrimento interiore

 Titolo: Pensare o perdersi nei pensieri? La sottile linea tra chiarezza e smarrimento interiore


Ci sono momenti in cui pensiamo, e momenti in cui veniamo pensati. La differenza può sembrare sottile, quasi invisibile, ma dentro quella sfumatura si gioca la libertà della mente umana.

Pensare è come osservare le nuvole che scorrono nel cielo: un atto consapevole, scelto, lucido.
Perdersi nei pensieri, invece, è dimenticare di essere il cielo stesso. È confondere ciò che passa con ciò che è.

Il pensiero come strumento, non come padrone

Il pensare nasce da un movimento consapevole: l’attenzione sceglie un tema, un’idea, una riflessione, e vi si posa come un pittore che prepara il colore sulla tela. In quel gesto c’è ordine, presenza, direzione.

Ma quando la mente inizia a generare pensieri in automatico — catene di immagini, ricordi, ipotesi, paure — e noi li seguiamo senza accorgercene, allora non stiamo più pensando: siamo pensati.
È come se una corrente invisibile ci trascinasse lontano da noi, mentre la consapevolezza si dissolve sullo sfondo.

La mente che usa te

Quando ti perdi nei pensieri, non sei più l’osservatore ma il protagonista del film mentale. Ti identifichi con ciò che pensi, reagisci, giudichi, soffri o ti esalti per ciò che accade nella mente.
In quel momento, la mente usa te: ti prende come materia, come carburante per continuare a generare contenuti, storie, ansie, desideri.

Pensare, invece, è usare la mente come strumento di chiarezza. È fermarsi, ascoltare, scegliere con quale nuvola danzare e quale lasciar scorrere.

La consapevolezza come spazio del pensiero limpido

La consapevolezza non è un pensiero, è il luogo in cui i pensieri appaiono e scompaiono. Quando rimani testimone — presente, vigile, stabile — i pensieri non ti dominano: scorrono, ma non ti trascinano.
È in questo spazio che la mente diventa trasparente, che il pensiero si illumina di lucidità.

Quando la consapevolezza si perde, invece, il cielo si vela. Il pensiero diventa tempesta, vortice, rumore.
Non sei più nel presente, ma disperso in mille “altrove”.

Tornare al testimone

Tornare al testimone significa ricordarsi di essere il cielo.
Non serve combattere i pensieri o cercare di fermarli — basta vedere che ci sono.
In quell’atto di vedere, senza giudicare, si dissolve l’identificazione.
Il cielo torna visibile dietro le nuvole.

Puoi esercitarti così:

  • Quando ti accorgi di essere perso nei pensieri, non giudicarti.

  • Fai un respiro profondo e chiediti: “Chi sta pensando in questo momento?”

  • Non cercare una risposta mentale: ascolta il silenzio che segue.

In quel silenzio, la mente si placa. Il cielo della consapevolezza si apre.
E da lì, il pensare torna a essere un atto di libertà, non di prigionia.


In sintesi:

  • Pensare è un atto consapevole, direzionato, limpido.

  • Perdersi nei pensieri è un movimento automatico, in cui la mente prende il controllo.

  • La consapevolezza è il cielo che rimane immutabile dietro ogni nuvola.

Sii il cielo, non la tempesta.
Guarda i pensieri, ma non diventare i pensieri.
È lì, in quello spazio di quiete, che nasce la vera chiarezza.




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