lunedì 1 dicembre 2025

«La politica in Italia è crollata nel momento in cui ha smesso di rappresentare il popolo e ha cominciato a inventare poltrone per chi non le meritava.»

 La politica italiana è caduta molto prima dei governi

è caduta quando ha cominciato a creare spazi finti per persone sbagliate.

Non è solo una sensazione: i numeri parlano chiaro. Alle politiche del 2022 ha votato solo il 63,9% degli aventi diritto, il dato più basso della storia repubblicana. Alle Europee del 2024 si è scesi per la prima volta sotto il 50%: ha votato appena il 48,3% degli italiani. (Giulio Cavalli)
Nel frattempo, oltre la metà dei cittadini è convinta che la corruzione politica sia rimasta sostanzialmente invariata dai tempi di Tangentopoli. (La Stampa)

In questo articolo ti porto dentro un’idea scomoda ma necessaria:
la crisi della politica italiana come effetto di una lunga serie di spazi inventati, poltrone create, carriere costruite per chi non aveva alcun merito reale se non la fedeltà al capo giusto.


1. Cosa significa “spazi inesistenti” in politica

Quando parliamo di “spazi inesistenti” non parliamo solo di posti di lavoro.
Parliamo di:

  • poltrone create ad hoc: nuove authority, comitati, task force, sottosegretariati, cabine di regia nate più per sistemare qualcuno che per risolvere un problema;

  • nomine senza competenza: ruoli chiave affidati a persone senza un vero curriculum nel settore, ma con il curriculum giusto nel partito;

  • consulenze, staff, portavoce, incarichi speciali: cerchi ristretti che diventano ammortizzatori di carriera per fedelissimi;

  • liste bloccate e candidature “paracadutate”: persone sconosciute ai territori, ma vicine ai vertici, catapultate in collegi sicuri.

Sono spazi che non esisterebbero in un ecosistema meritocratico.
Esistono perché la politica ha scelto di premiare chi garantisce consenso e obbedienza, non chi porta visione, competenza e responsabilità.


2. Come si costruisce una classe dirigente che non merita

La caduta non avviene in un giorno. È un processo lento, quasi invisibile:

  1. La fedeltà sostituisce la competenza
    Il criterio diventa: “Mi coprirà le spalle?”, non “Sa fare il suo lavoro?”.
    Nei partiti, chi è allineato sale, chi critica o pensa in modo autonomo viene messo ai margini.

  2. La cooptazione sostituisce la selezione
    Non esistono più percorsi chiari: non sali perché hai studiato, amministrato bene, risolto problemi.
    Sali perché qualcuno ti “prende sotto la sua ala” e ti porta dentro.

  3. Il partito diventa un ufficio di collocamento
    Dovrebbe essere un laboratorio di idee, identità, progetto Paese.
    Diventa invece un luogo dove si distribuiscono posti, contratti, incarichi, visibilità. Chi resta fuori, spesso, è proprio chi avrebbe qualcosa da dire.

  4. Il linguaggio cambia: dalla visione alla gestione della paura
    Niente più grandi progetti collettivi.
    Si governa a colpi di emergenze, bonus, slogan: tutto a breve termine, purché si tenga insieme il proprio blocco di fedeltà.

Tangentopoli negli anni ’90 ha segnato una rottura storica, mostrando quanto un sistema di scambi e clientelismo potesse corrodere dall’interno le istituzioni. Ma molti studi ricordano che, anziché chiudere una stagione, ha semplicemente mutato le forme della corruzione e del potere, aprendo la strada a nuovi attori ma con vecchie logiche. (SIEP)


3. I dati della sfiducia: un Paese che guarda, ma non crede più

Questa occupazione di spazi da parte di “non meritevoli” ha un costo enorme: la fiducia.

Alcuni segnali chiari:

  • Astensionismo crescente

    • Politiche 2018: affluenza intorno al 73%.

    • Politiche 2022: 63,9%, minimo storico. (Giulio Cavalli)

    • Europee 2024: per la prima volta sotto il 50%, ha votato il 48,3% degli aventi diritto. (L'Espresso)

  • Percezione della corruzione immobile
    Un sondaggio mostrava come oltre il 56% degli italiani ritenga che, rispetto a 10 anni fa, la corruzione politica sia rimasta invariata e molto diffusa: per molti, “Tangentopoli non è mai finita”. (La Stampa)

  • Partecipazione politica impoverita
    Secondo un recente focus ISTAT, l’Italia si colloca tra i Paesi con i livelli più bassi di partecipazione politica attiva: cala chi si informa regolarmente, chi partecipa a riunioni, chi si iscrive a partiti e associazioni. (Istat)
    Molti cittadini parlano di politica, ma sempre di più da spettatori scontenti, non da protagonisti. (Il Mulino)

In parallelo, diverse analisi descrivono l’astensionismo come una vera e propria “patologia democratica”: una democrazia che perde il legame con la sua base sociale, dove la partecipazione diventa un privilegio di chi ha tempo, competenze e reti, mentre gli altri vengono spinti ai margini. (CRS - Centro per la Riforma dello Stato)


4. Quando la rappresentanza si svuota

Se gli spazi vengono riempiti da chi non merita, accadono almeno quattro cose:

  1. La politica non rappresenta più il Paese reale
    Tantissime storie di vita – precari, periferie, giovani, lavoratori autonomi, caregivers, piccoli imprenditori – non trovano voce.
    In Parlamento e nei luoghi decisionali arrivano spesso profili che non hanno mai vissuto sul serio quelle condizioni.

  2. Le decisioni si fanno corte di respiro
    Chi è lì per fedeltà, non per visione, non ha interesse a costruire politiche strutturali.
    Conta il ciclo di notizie della settimana, il sondaggio del mese, il consenso immediato.
    Risultato: riforme zoppe, annunci fragili, continui “decreti emergenziali”.

  3. La sfiducia diventa cinismo strutturale
    Le persone smettono di indignarsi e iniziano a ridere amaramente:
    “Sono tutti uguali”, “Tanto non cambia niente”, “Meglio non votare”.
    È il terreno perfetto perché chi occupa spazi immeritati continui a farlo indisturbato.

  4. Il conflitto si sposta sui social
    La piazza reale si svuota, si riempie quella digitale: commenti, sfoghi, insulti, polarizzazione.
    Ma la decisione vera resta altrove, in stanze dove siedono spesso le stesse figure poco competenti, protette dalla bassa partecipazione.


5. “Non meritano”: uno sguardo più preciso su questa frase

Dire “non meritano” è forte, e rischia di sembrare un giudizio sulle persone in quanto tali.
Per non scivolare nell’odio, è fondamentale precisare cosa significa davvero:

  • Non significa che certe persone non valgono “come esseri umani”.

  • Significa che non sono adeguate al ruolo che occupano, per mancanza di:

    • competenze tecniche;

    • etica pubblica;

    • senso del limite e della responsabilità;

    • capacità di rispondere delle proprie scelte davanti ai cittadini.

In una democrazia sana, quando non sei adeguato al ruolo, non entri o sei sostituito.
In una democrazia che ha creato spazi inesistenti, invece:

  • entri perché conosci qualcuno;

  • resti perché sei utile al sistema, non ai cittadini;

  • vieni difeso non per ciò che fai, ma per il potere che porti in dote.

La caduta della politica italiana, in questo senso, è prima di tutto una caduta di criteri: non è più chiaro perché una persona occupi un certo spazio istituzionale, se non per una catena di fedeltà.


6. Il ruolo dell’informazione: senza luce, gli spazi si deformano

Quando l’informazione è debole, precaria o sotto pressione, gli spazi deformati della politica proliferano.
Non è un caso che, proprio di recente, il sistema italiano abbia vissuto perfino un “quasi blackout informativo” dovuto a una grande mobilitazione dei giornalisti contro precarietà e mancato rinnovo dei contratti, con il rischio concreto di lasciare i cittadini senza un racconto aggiornato di ciò che accade nel Paese. (El País)

Una politica che crea spazi per non meritevoli ha bisogno di:

  • informazione stanca o frammentata;

  • dibattito pubblico rumoroso ma superficiale;

  • cittadini intrattenuti ma non davvero informati.

Per questo, il tema della qualità dell’informazione è profondamente politico:
chi controlla la luce, controlla anche la percezione degli spazi.


7. Si può invertire questa caduta?

Qui non si tratta di dire “vota questo” o “vota quello”.
Parliamo di qualcosa di più profondo: ricostruire il legame tra spazi di potere e persone che li meritano davvero.

Alcune leve possibili (a livello di sistema):

  • Selezione più trasparente nelle candidature
    Primarie vere, percorsi interni chiari, criteri minimi di competenza per ruoli tecnici.
    Non basterà, ma senza questo tutto il resto è maquillage.

  • Limiti e regole sulle nomine
    Procedure pubbliche, criteri espliciti, audizioni aperte per ruoli chiave (authority, aziende partecipate, grandi enti).

  • Valutazione delle performance
    Non solo “chi ha preso più voti”, ma chi ha rispettato programmi, tempi, obiettivi misurabili.

  • Partiti come scuole, non come agenzie di collocamento
    Formazione politica vera, lavoro nelle periferie, ascolto continuo, spazi di confronto interni dove il dissenso non sia punito ma usato per migliorare.

E, a livello di cittadini:

  • Informarsi in modo critico (non solo tramite social o slogan);

  • Partecipare: associazioni, comitati, movimenti, sindacati, amministrazione locale;

  • Fare pressione continua: non solo il giorno del voto, ma lungo tutto il ciclo delle decisioni.

Non è una soluzione facile né rapida.
Ma la verità è questa: finché la politica potrà creare spazi inesistenti per persone non all’altezza, continuerà a cadere, anche quando i sondaggi la danno in crescita.


8. Conclusione: riprenderci lo spazio che esiste davvero

Lo spazio più importante oggi non è una poltrona, ma il terreno invisibile tra cittadini e istituzioni.
È lì che si decide se una democrazia regge o crolla.

La politica italiana è caduta ogni volta che:

  • ha chiamato “merito” la fedeltà;

  • ha chiamato “opportunità” il clientelismo;

  • ha chiamato “rappresentanza” la semplice occupazione di posti.

Raccontare questa caduta non serve a sfogarsi e basta.
Serve a ricordare che gli spazi veri esistono ancora: quelli in cui si studia, si critica, si propone, si costruisce insieme.

Se torniamo a occuparli, con le nostre voci, competenze e responsabilità,
gli spazi finti inizieranno a sembrare per quello che sono sempre stati:
scatole vuote, che non reggono alla luce.



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