martedì 5 agosto 2025

Dalle stive alle scuderie, Guido Grimaldi cavalca le onde dell’innovazione fondendo shipping, equitazione e stile in un unico, elegante salto verso il futuro.

 Navi, cavalli e passerelle: la parabola di Guido Grimaldi che ha unito mare, equitazione e stile


1. Radici partenopee e orizzonti oceanici

Guido Grimaldi nasce in una dinastia di armatori che, dal dopoguerra, ha trasformato il cabotaggio mediterraneo in una rete globale di “Autostrade del Mare”. Oggi ricopre il ruolo di Corporate Commercial Director delle linee Short Sea del Gruppo Grimaldi ed è presidente di ALIS, l’associazione italiana della logistica che riunisce oltre 2.400 aziende e 430 mila addetti.(The MediTelegraph)

Già ventenne, grazie all’esempio del padre Manuel, ha imparato a vedere le navi come piattaforme d’innovazione: batterie al litio “zero-emissioni in porto”, ro-ro a doppio ponte per mezzi eccezionali e progetti di retrofit green.(cargo.grimaldi-lines.com)


2. Dalla stiva al rettangolo di gara

La passione per i cavalli — sbocciata in Inghilterra a cinque anni — è diventata l’antidoto ai ritmi frenetici di un top manager che dorme poco e viaggia molto. Allenandosi nei week-end, Grimaldi ha collezionato piazzamenti internazionali fino al trionfo del 19 gennaio 2025: vittoria nel Grand Prix di Coppa del Mondo ad Abu Dhabi con Gentleman, doppio netto in 39″67.(JUMPER NEWS)

Nel 2025 ha proseguito con un 9° posto al LGCT di Saint-Tropez e podi a Montecarlo, dimostrando che è possibile competere ad alti livelli pur non essendo un professionista a tempo pieno.(HorseShowJumping)


3. Logistica “horse-friendly”

L’esperienza marittima ha spinto l’armatore a ripensare il trasporto degli equini: procedure di imbarco dedicate, box ventilati e sinergie con la FISE, che dal 2022 garantisce sconti e corsie preferenziali ai tesserati sui traghetti Grimaldi Lines verso Sardegna, Sicilia, Spagna e Grecia.(FISE)

La partnership si traduce in un ecosistema integrato nave-tir-scuderia che riduce stress animale e chilometri su gomma: nel solo 2024 più di 1,3 milioni di camion sono stati spostati dall’asfalto al mare lungo rotte sopra i 600 km, con un taglio stimato di oltre 1 milione di tonnellate di CO₂.(The MediTelegraph)


4. Italian Champions Tour: la passerella sport-business

Nel 2020 Grimaldi co-fonda l’Italian Champions Tour (ICT): un circuito nazionale a squadre in cui ogni team porta il nome (e la cultura di marca) di un’azienda partner. Il format, che unisce hospitality d’alta gamma e riprese social 4K, ha fatto scuola nelle arene di Arezzo, Piazza di Siena e Cannes.(Cavallo Magazine)

Le “passerelle” non sono solo quelle dei ponti di comando: allo CSIO di Roma 2025, il cavaliere-armatore ha ospitato CEO e designer a bordo campo per mostrare come il salto ostacoli possa diventare showroom vivente di eccellenza made-in-Italy.(HorseShowJumping)


5. Il vestiaire che parla di mare e performance

  • Equitatus 1991 – brand ambassador dal 2023: blazer in lana-cashmere con interni antivento ispirati alle giacche da ponte e bottoni smaltati come bitte di banchina.(Facebook)

  • Cavalleria Toscana “RG Team” – capsule estiva con tessuti riciclati dalle vele dei ro-pax Grimaldi, taglio laser e colori “Blu Mediterraneo”.(Cavallo Magazine)

  • Kep Italia helmets – finitura carbon-look che richiama le paratie delle eco-navi; sistema di aerazione studiato con ingegneri navali per ridurre la temperatura sotto al casco del 15 %.(FISE)

Il risultato è un guardaroba ibrido — metà marinaio, metà gentleman-rider — che ha fatto parlare di «equestrian tailoring 4.0» durante le ultime serate di Altaroma.(DN Mag)


6. Oltre l’onda lunga: prospettive

  • Shipping: primo traghetto a idrogeno verde sulla rotta Napoli-Barcellona entro il 2028.

  • Sport: puntare ai Giochi Olimpici di Los Angeles 2028 con Chanel, la giovane baia nata nel 2016 già finalista al Campionato Italiano Assoluto.(HorseShowJumping)

  • Moda: estendere la linea “Sea-Show” a una collezione di travelwear modulare per cavalieri business-class.


Conclusione

La storia di Guido Grimaldi dimostra che innovare non significa scegliere un solo campo, ma creare passerelle tra mondi apparentemente distanti: la logistica che impara dal dressage la precisione dei tempi, l’equitazione che adotta le tecnologie navali per il welfare animale, la moda che trova nelle stive ispirazione per un nuovo lusso funzionale.

In fondo, per chi è cresciuto fra moli di Napoli e paddock internazionali, ogni porto è una passerella e ogni ostacolo un’onda da superare.



«Con la leggerezza di un passo di danza e la potenza di uno sguardo in macchina da presa, Ren Meguro continua a conquistare palco e schermo dimostrando che il talento, quando è autentico, non conosce confini.»

 FENDI ดึง Ren Meguro ร่วมแคมเปญฤดูร้อน 2025


In prima fila con Ren Meguro

Un viaggio tra coreografie mozzafiato e set cinematografici sold-out

L’energia del palcoscenico

Sono bastati pochi secondi, dentro al Tokyo Dome, per capire di trovarmi di fronte a un performer fuori scala. Durante il “Snow Man Dome Tour 2024 – RAYS” Ren Meguro ha letteralmente “volato” su una passerella di 16 metri, lanciandosi in un mix di acrobazie, hip-hop serrato e gestualità da musical di Broadway. Il tour – 13 date, 610 mila spettatori e sold-out in cinque città – ha consacrato il suo talento da ballerino a livello nazionale. (Kawaii Kakkoii Sugoi, tokyohive, Wikipedia)

Dalla danza alla recitazione: il salto decisivo

Il grande pubblico televisivo lo scopre nel 2023 con “Trillion Game”, dove incarna Haru, un “genio della trattativa” disposto a tutto pur di guadagnare un trilione di dollari. L’alchimia con Hayato Sano funziona talmente bene che la serie diventa film: l’uscita per il 2025 è già accompagnata da standing ovation e anteprime affollate, come la tappa celebrativa di Osaka dello scorso febbraio. (IMDb, tokyohive)

La svolta drammatica in “Umi no Hajimari”

Meguro sorprende ancora nel 2024 con “Umi no Hajimari – Where Does the Sea Begin”: un melodramma estivo che lo vede nei panni di Natsu Tsukioka, giovane padre costretto a fare i conti con il lutto e la paternità inattesa. L’interpretazione intensa gli vale il premio di Miglior Attore ai Television Drama Academy Awards (edizione n. 121). (WORLD SCREEN, Facebook)

Premi e riconoscimenti al cinema

La parentesi cinematografica parte con “My Happy Marriage” (2023) e si consolida con “As Long as We Both Shall Live”: i critici notano la sua capacità di passare dal registro romantico alla tragedia soprannaturale, fino a premiarlo come Best Newcomer ai Blue Ribbon Awards e ai Yokohama Film Festival 2024. (windowsonworlds.com, News on Japan)

Fashion icon globale

Non solo set e stadi: nel 2025 Meguro diventa il primo modello giapponese a guidare una campagna mondiale di Fendi, posando per la collezione Spring/Summer e sfilando a Milano durante la fashion-week di febbraio. Un primato che porta la sua immagine – impeccabile, essenziale, elegantemente maschile – sulle riviste di moda di mezzo mondo. (tokyohive, hommessingapore.com)

Cosa ci aspetta

“Trillion Game: The Movie” (in sala a fine inverno 2025) promette di alzare la posta con nuove location internazionali.
● Rumor insistenti lo vogliono già sul set di “Hodonaku, Owakare Desu”, dramma romantico firmato Amane Nagatsuki (riprese estate 2025). (blog.asianwiki.com)


Perché Ren Meguro è diventato “l’uomo da tenere d’occhio”

  1. Versatilità performativa – passa da uno scatto di break-dance a un monologo emotivo senza perdere credibilità.

  2. Stamina da idol – le maratone live con Snow Man dimostrano un controllo fisico e vocale raro.

  3. Scelta oculata dei progetti – alterna blockbuster commerciali a drammi intimisti, mantenendo freschezza e sorpresa.

  4. Appeal globale – grazie alle campagne Fendi, il suo volto gira tra Asia ed Europa, aprendo la strada a possibili ruoli internazionali.

Dal mio posto in prima fila è chiaro: Ren Meguro non è più “solo” un idol. È un professionista capace di dominare palco, schermo e passerella con la stessa, magnetica naturalezza – e il bello è che sembra aver appena iniziato.



Jérôme Mage ha rivoluzionato l’occhialeria di lusso con montature scultoree in tiratura limitata che fondono artigianato giapponese e storytelling cinematografico, trasformando ogni pezzo Jacques Marie Mage in un’icona da collezione.

 

1. Le origini di Jérôme Mage

  • Nato nella regione francese dell’Alvernia, Mage si trasferisce a Los Angeles a vent’anni, attratto dal lifestyle californiano e dall’action-sports design (motocross, snowboard) che segnerà il suo primo lavoro da creativo.(The Business of Fashion, GQ)

  • L’eccentricità – taglio di capelli à la mohican, completi Celine Homme sartorialissimi – diventa parte integrante del suo “personaggio-marca”, ma la cifra distintiva resta la curiosità per arte, storia, cinema e cultura pop.(Mr Porter)

2. La nascita di Jacques Marie Mage (JMM)

  • Il brand prende forma nel 2014 (prima collezione 2015) con l’obiettivo di rivitalizzare l’occhiale bold in un mercato dominato dal minimalismo.(Wikipedia)

  • Nome, produzione e posizionamento riflettono la sua filosofia: micro-produzioni (mai più di 500 pezzi per colore), numerate e corredate da card di autenticità.(Wikipedia)

3. Artigianato giapponese & processo produttivo

  • Disegno a L.A., manifattura in Giappone e (alcune serie) in Italia. Ogni montatura richiede ≈ 300 passaggi, 18 mesi e quasi 100 artigiani, fra acetato Takiron da 10 mm, beta-titanio e dettagli in argento o oro 18 k.(Jacques Marie Mage, Wikipedia)

  • Gli iconici “arrow hinges” e i wire-core incisi a mano derivano da tecniche tradizionali giapponesi adattate a macchine post-belliche (altre citazioni nell’intervista Seen).(Seen Opticians)

4. Storytelling nei modelli

Modello Ispirazione Curiosità
DEALAN Bob Dylan, tour ’66 Cat-eye maschile che ha rilanciato lo spessore “thick acetate”.(triscoffin.com)
ZEPHIRIN Papa Zephyrinus & intellettuali pre-WWII Campione di proporzioni ridotte, scelto da Brad Pitt in “Babylon”.(Jacques Marie Mage, my eye gems)
AKIRA Cinema di Kurosawa Lenti ametista, cult tra collezionisti.(GQ)
MOLINO, FELLINI, LEONARD Architettura italiana, Federico Fellini, Leonard Cohen Ogni nome rimanda a un frame narrativo ben preciso.

5. Prezzi, distribuzione e posizionamento

  • Fascia 800 – 2.000 USD a seconda di materiali e tiratura.(GQ)

  • Vendita selettiva: circa 150 retailer indipendenti worldwide, JMM Gallery a L.A. + nuove boutique a Milano e Londra (2025).(GQ)

  • Mage rifiuta la logica del “duty-free luxury” («un luxury store in aeroporto significa che il lusso è morto»).(Mr Porter)

6. Celebrity & collaborazioni speciali

Anno Partner Note
2021-24 Jeff Goldblum Tre capsule; l’attore le definisce “pezzi signature”.(Wikipedia)
2024 Jeremy Strong – Duende Acetato giapponese, chap-book di García Lorca allegato.(GQ)
2020-25 George Cortina, Olivier Theyskens, Kate Bosworth, Enfants Riches Déprimés Progetti editoriali e micro-linee numerate.(Wikipedia)

A portare JMM sui red carpet e nei look paparazzati ci sono Brad Pitt, Beyoncé, Timothée Chalamet, Rihanna, LeBron James e decine di stylist che cercano “pezzi statement” difficili da reperire.(my eye gems, GQ)

7. Stewardship & impegno ambientale

  • Mage visita Yellowstone dal 2012: nasce il programma Bison Conservation & Transfer in partnership con Yellowstone Forever e tribù Native, per trasferire bisonti sani invece di abbatterli.(Jacques Marie Mage, Yellowstone Forever)

  • Campagne narrative dedicate ai lupi del parco (“Old Wolf’s Tale”) e al Tribal Heritage Center sostengono educazione e conservazione tramite collezioni capsule e donazioni fisse.(Jacques Marie Mage, Jacques Marie Mage)

8. Presente e futuro

  • Espansione controllata in gioielleria, piccola pelletteria e – indizio da Mage stesso – possibili orologi da collezione, senza compromettere la scarsità dell’occhiale.(GQ, Seen Opticians)

  • Continuerà la ricerca su nuovi materiali (bio-acetati, titanio riciclato) e su palette cromatiche derivate dagli anni ’70-’80 (“Burlwood” è l’ultimo esempio).(Seen Opticians)


In sintesi, Jérôme Mage ha riscritto le regole del luxury eyewear con un mix di narrativa storica, artigianato giapponese d’élite e strategia di scarsità: un approccio che trasforma ogni montatura in pezzo da collezione e alimenta un culto globale fra celebrity, collezionisti e amatori esigenti.




lunedì 4 agosto 2025

«Ogni passo fuori dal conosciuto apre una fessura nel cielo ordinario, e da lì filtra la luce di mondi che aspettavano soltanto il coraggio del nostro sguardo per prendere forma.»

 Oltre i confini: Viaggiare, conoscere, resistere

«Viaggiare è dare un senso all'attesa dell'arrivo, ma è anche imparare a sostare nell'incertezza.» — Fernando Pessoa (attrib.)

Introduzione

In un mondo dove le mappe digitali anticipano ogni svolta e le recensioni online smussano le sorprese, potremmo chiederci se viaggiare abbia ancora qualcosa di rivoluzionario da dire. Eppure, non appena varchiamo la soglia di casa, ci ricordiamo che l’ignoto non è un lusso, ma un bisogno primordiale: senza l'attrito del nuovo non si accende la scintilla della conoscenza, e la nostra anima resta imprigionata in sistemi già scritti—procedure, algoritmi, itinerari prefabbricati. Viaggiare, allora, è gesto di resistenza.


1. Il viaggio come condizione umana

La storia dell’Homo sapiens è una trama di migrazioni: dalle prime rotte africane ai grandi spostamenti contemporanei. Viaggiare non è soltanto transitare nello spazio; è rinegoziare il proprio posto nel tempo. Ogni volta che attraversiamo un confine, fisico o mentale, mettiamo in discussione le nostre certezze e apriamo un varco attraverso cui filtrano domande nuove. L’antropologo Tim Ingold parla di wayfaring: non un percorso lineare verso una meta, ma un continuo “abitare” il cammino. Il movimento stesso diventa casa.

2. Alla ricerca di nuove conoscenze

Le neuroscienze ci dicono che l’esposizione a contesti sconosciuti aumenta la neuroplasticità: i neuroni formano nuove connessioni quando affrontiamo stimoli inaspettati. In altre parole, impariamo davvero quando siamo fuori asse. Lontani dagli spazi familiari, il pensiero lineare cede il passo a un apprendimento per analogie e coincidenze. È il principio del serendipity: scoprire ciò che non sapevamo di cercare. Ogni vicolo cieco, ogni ritardo in stazione, può diventare una piccola università nomade.

3. Nuovi sguardi che accendono l’anima

Guardare il mondo con occhi inediti significa decentrarsi. Il fotografo Henri Cartier‑Bresson parlava di instant décisif—l’istante decisivo in cui realtà e immaginazione si sovrappongono. Quando viaggiamo, moltiplichiamo quegli istanti: un riflesso di luci su un canale di Amsterdam, il profumo di caffè turco alle quattro del mattino, l’abbraccio inatteso di un estraneo. Ciò che chiamiamo “anima” si nutre di questi shock estetici. Sono scintille che bruciano la ruggine dei vecchi significati e liberano la visione.

4. Rompere i sistemi già scritti

Viviamo in un’epoca di narrazioni pre‑compilate: itinerari Instagram‑friendly, pacchetti “all inclusive”, ranking che decidono cosa vale la pena visitare. Ma un percorso programmato è un viaggio che ha già esaurito il suo potenziale di nascita. Resistere significa praticare la deviazione: perdersi volontariamente in un mercato di periferia, prendere un autobus locale senza sapere la fermata, conversare in una lingua che balbettiamo. Ogni deviazione è un piccolo sabotaggio ai binari dell’ovvio.

5. Pratiche di resistenza dolce

  • Slow travel: sostare più a lungo in meno luoghi, lasciando che gli spazi ci riscrivano.

  • Micro‑avventure: spezzare la routine con escursioni di una notte sotto le stelle, anche a chilometro zero.

  • Immersione linguistica: adottare le parole altrui per scoprire concetti che la nostra lingua non contiene.

  • Scrittura meditativa: tenere un diario di bordo non per l’algoritmo, ma per il dialogo interiore.

  • Minimalismo digitale: disconnettere le notifiche per riaccendere i sensi analogici.

6. Viaggiare responsabilmente: la leggerezza etica

Il trolley non ha occhi, ma osserva il nostro peso. Ogni chilogrammo in valigia è carbonio nell’atmosfera. Ogni volo low‑cost ha un costo alto per chi non vola: ghiacciai che arretrano, tempeste che avanzano. La libertà di muoversi porta la responsabilità di farsi leggeri—nel bagaglio, nelle emissioni, nei pregiudizi portati in tasca. La leggerezza, in questo senso, è profondità al quadrato: ridurre l’impronta per aumentare l’impatto delle esperienze.

7. Conclusione: cartografie interiori

Se il mondo è prigioniero di sistemi già scritti, il vero viaggio non è la fuga, ma la riscrittura. Ogni strada percorsa ridisegna i confini della nostra coscienza; ogni conoscenza acquisita è un palco da cui rivedere la scenografia del reale. Viaggiare è l’arte di abitare le domande, di tenerle aperte come finestre senza imposte. Quando torniamo, il bagaglio più prezioso non è un souvenir, ma la vulnerabilità: la capacità di lasciarci ancora sorprendere, di restare incompiuti. Perché solo chi accetta di non avere l’ultima parola può continuare a muoversi, e muovere—con un passo leggero—anche il mondo.


«La vera scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.» — Marcel Proust

 


«Se Hollywood misura la tua creatività in ROI, il teatro la misura in respiri condivisi: sali sul palco e scopri che l’unico green-light che conta è lo sguardo vivo dello spettatore.»

 

Il futuro degli idealisti di Hollywood

Tra idee geniali e porte chiuse: cosa insegna The Studio e dove andiamo da qui

Introduzione

C’è una scena, nel terzo episodio di The Studio, in cui il neo‑presidente Matt Remick espone con passione un progetto d’autore davanti al board: silenzio impietrito, poi la classica domanda gelida – «Quanto valgono i giocattoli?» – che stronca ogni slancio creativo. È la quintessenza di un conflitto che riguarda migliaia di aspiranti cineasti: portare avanti idee originali in un’industria che premia la replicabilità.

Ma qual è il futuro di questi idealisti? L’articolo prova ad analizzare la questione da tre angolature: il contesto industriale, le nuove vie alternative e gli scenari di medio periodo (2025‑2030).


1. Hollywood oggi: un ecosistema dominato dai franchise

1.1 Numeri in breve

  • 7 dei 10 film più redditizi del 2024 appartengono a IP pre‑esistenti (dati Comscore).

  • I budget medi dei blockbuster superano i 200 M$, marketing escluso.

  • Gli studios quotati a Wall Street devono rispondere a trimestrali: la volatilità spinge al risk‑aversion.

1.2 Conseguenza principale

Il green‑light model privilegia property riconoscibili, lascia poco spazio a soggetti inediti e, di fatto, delega la "ricerca e sviluppo" creativa al circuito indie/festival. Solo ciò che genera buzz misurabile viene acquisito.

«Ogni riunione con un major parte da tre domande: esiste fan‑base? è sequel‑able? è toy‑etic
Peter Huyck, head‑writer di The Studio


2. La parabola di Matt Remick: specchio (satirico) della realtà

In The Studio il protagonista incarna la figura dell’"idealista manager": proviene da una film‑school europea, crede nella teoria d’autore ma guida un conglomerato media. Il suo insuccesso sistematico è funzionale alla satira, ma fotografa un meccanismo reale di gatekeeping:

  1. Cultura aziendale: la carriera si costruisce sul ROI, non sulla qualità artistica.

  2. Filtro algoritmico: gli audience‑insight dashboards decidono quali pitch ascoltare.

  3. Tokenismo creativo: un progetto "di prestigio" viene approvato una volta l’anno per legittimare il brand, non per reale convinzione.

Risultato: idee genuinamente innovative diventano "inutili" non per carenza di valore ma perché non rientrano nelle metriche di efficienza del sistema.


3. Buone idee, cattiva percezione: il paradosso dell’originalità

Fattore di rischio percepitoSpiegazioneEffetto sul pitch
Incertezza sul pubblicoDifficile segmentare e stimare il box officeAumento del ask marketing >20 M$
Assenza di IPNiente sinergie merchandise o parchi tematiciROI < target del 12%
Tono autorialeNon facilmente “testable” in screen‑testingProbabile re‑shoot costoso

Il paradosso è che l’innovazione è necessaria per rigenerare il mercato, ma i meccanismi finanziari la relegano ai margini.


4. Nuovi percorsi per i creatori indipendenti

4.1 Streamer "mid‑tier"

Paramount+, Peacock e piattaforme regionali (p.e. Canal+ in EU) cercano contenuti identitari per differenziarsi. Offrono budget 5‑15 M$ per film originali e garantiscono back‑end su abbonamenti.

4.2 Crowdfunding evoluto & DAO

La tokenizzazione consente di finanziare lungometraggi tramite equity‑crowdfunding o DAO di produzione (es.: The Remarkable DAO ha raccolto 8 M$ per tre film nel 2024). Vantaggi: minor interferenza creativa, community built‑in.

4.3 AI co‑pilot & Virtual Production

Strumenti come Sora/Titan riducono costi di pre‑vis e VFX del 30‑40%. Questo abbassa la soglia d’ingresso per scene ambiziose, rendendo credibile una produzione “hollywoodiana” con 10 M$ di budget.

4.4 Festival + Fast Channels

Con il declino del theatrical di fascia media, circuiti come TIFF’s Next Wave o SXSW Episodic diventano vetrine cruciali per pilot indipendenti che poi finiscono su FAST channels (Free Ad‑Supported TV) come Pluto TV, ampliando la reach.


5. Oltre l’élite: modelli di distribuzione decentralizzati

  • NFT‑ticketing: consente revenue sharing e anti‑piracy.

  • Piattaforme white‑label (VHX, Kinoa): vendita diretta agli utenti con data ownership completa.

  • Windowing inverso: debutto in streaming, release limitata al cinema solo dopo trazione social; sperimentato da Skinamarink (2023) e ora replicato in horror a micro‑budget.


6. Scenari 2025‑2030

  1. Diversificazione dei capitali: hedge‑fund e family office entrano in slate‑financing su package sotto i 20 M$.

  2. Algoritmi di taste‑clustering: le piattaforme offriranno micro‑budget <2 M$ basati su GAP analysis (segmenti underserved).

  3. Regolamentazione AI & sindacati: dopo gli scioperi SAG‑AFTRA/WGA 2023‑24, i nuovi contratti includono quote minime di personale umano in ogni progetto.

Se Hollywood è Silicon Valley con la fantasia, allora la disruption è inevitabile; la vera domanda è chi possiede la pipeline.
Analisi di Deloitte Media 2025


Conclusione

Gli idealisti alla Matt Remick continueranno a scontrarsi con le élite, ma avranno a disposizione strumenti tecnologici e finanziari impensabili dieci anni fa. La sfida non è più solo «farsi accettare» dal sistema, ma ricablare il sistema dall’esterno: costruire community, generare dati proprietari, dimostrare che la passione può essere sostenibile. Chi saprà unire visione artistica e strategia imprenditoriale troverà spazio in un panorama che, paradossalmente, ha un disperato bisogno di storie nuove.

La libertà creativa sarà sempre un rischio; la differenza è che ora possiamo condividere quel rischio con il pubblico stesso.

 


domenica 3 agosto 2025

“Dalla forchetta al click, le scuole di portamento insegnano l’eleganza che fonde il galateo classico con la netiquette digitale.”

 

Scuole di portamento: dalle finishing school svizzere alla netiquette post-pandemica

Perché l’arte del “saper stare al mondo” è tornata (ed è ormai un business globale)


1. Introduzione

Se pensi che le scuole di portamento – quelle che un tempo insegnavano alle fanciulle dell’alta società quale forchetta usare per il pesce – appartengano al passato, ripensa ci. Dai campus boutique sulle Alpi svizzere ai webinar su Zoom guidati da influencer, la domanda di corsi di galateo, postura e soft skills è esplosa negli ultimi dieci anni, complice la globalizzazione dei mercati del lusso, l’ascesa dei social media e, più di recente, il ritorno massiccio in ufficio dopo la pandemia. Secondo Fortune, nel 2024 oltre il 60 % delle aziende mondiali ha inserito moduli di etiquette training nei propri programmi di formazione interna (Fortune).


2. Dalle finishing school ottocentesche al declino degli anni ’60

Le finishing school nacquero nell’Ottocento per “rifinire” l’educazione delle giovani aristocratiche con lezioni di deportment, lingue straniere e gestione della servitù (Wikipedia). La Svizzera divenne presto il polo d’eccellenza, grazie alla neutralità politica e alla reputazione dei collegi alpini. Il modello sopravvisse fino agli anni ’60, quando il movimento femminista e la rivoluzione culturale ne decretarono il tramonto.


3. Il Rinascimento del XXI secolo

3.1 Il caso svizzero

Oggi l’Institut Villa Pierrefeu di Glion, fondato nel 1954, è considerato l’ultima vera finishing school “tradizionale” del mondo, con corsi estivi che superano i 30 000 $ (IVP, Wikipedia).

3.2 Asia: Cina e India al centro del boom

  • Cina – La popolarità di coach come Sara Jane Ho, protagonista della serie Netflix Mind Your Manners, dimostra l’interesse delle élite asiatiche: il suo Institute Sarita a Pechino offre pacchetti fino a 16 000 $ (Wikipedia).

  • India – La piattaforma Vinsys propone certificazioni di business etiquette mirate a professionisti IT e manager di multinazionali, con focus su dining skills e sensibilità interculturale (vinsys.com).

3.3 Nord America ed Europa anglofona

Brand come Beaumont Etiquette (fondata dalla coach Myka Meier) offrono corsi da 350 $ l’ora a manager e celebrità, cavalcando la necessità post-pandemica di re-imparare le dinamiche d’ufficio (Business Insider). Nel Regno Unito, Debrett’s ha trasposto online i suoi manuali di comportamento per renderli fruibili a un pubblico globale (Debretts).


4. Che cosa si studia oggi? Dal cucchiaino da dessert alla “netiquette”

Modulo Contenuti chiave Perché è richiesto
Postura e presenza Camminata, port de bras, gestione della voce Branding personale su video-call
Galateo a tavola Dining a più servizi, uso corretto di bacchette e posate regionali Turismo gastronomico e pranzi d’affari interculturali
Business etiquette Dress code, email, meeting ibridi RSO (Return-to-Office) e cultura aziendale
Protocollo internazionale Precedenze, formule di indirizzo, bandiere Eventi diplomatici, hospitality di lusso
Digital etiquette Uso della webcam, emoji, gestione del mute Lavoro ibrido e social selling

5. Il valore economico

  • Mercato corporate – La ricerca del The Economist sul “galateo per l’era di TikTok” stima un giro d’affari annuale di 1,2 mld $ per workshop e corsi online (The Economist).

  • Personal branding – Corsi privati di “executive presence” promettono un ROI diretto in termini di promozioni e clienti.

  • Turismo esperienziale – Alcune scuole offrono pacchetti “etiquette retreat” che uniscono lezioni e visite a maison di lusso, dal tè pomeridiano a Londra alle degustazioni di sake a Kyoto.


6. Critiche e controversie

  1. Elitarismo 2.0 – Le tasse elevate perpetuano barriere socio-economiche.

  2. Gender bias – Molti programmi restano declinati al femminile, anche se la clientela maschile è in crescita.

  3. Cultural appropriation – L’adattamento “globale” di rituali locali (es. cerimonia del tè giapponese) rischia di ridurli a performance.

  4. Utilità reale – Alcuni sociologi sostengono che bastino corsi di soft skills meno costosi per ottenere gli stessi benefici.


7. Tendenze future

  • Inclusività – Nascono scuole come la Swann School of Protocol, la prima rete USA fondata da una donna afroamericana, che integra moduli su micro-aggressioni e DEI (Diversity, Equity & Inclusion) (The Swann School of Protocol).

  • Formati micro-learning – Video da 90 secondi su piattaforme come WeChat o Instagram, per “pillole” di bon ton just-in-time.

  • Etichetta AI – Come interagire con assistenti vocali e robot di servizio: nuovi codici per un futuro sempre più automatizzato.


8. Conclusioni

Dalla forchetta da pesce alla gestione del microfono su Teams, le scuole di portamento si sono reinventate per rispondere alle esigenze di un mondo iper-connesso e inter-culturale. Che si tratti di conquistare un posto a un tavolo di venture capital o di fare bella figura a una degustazione di cioccolato in Svizzera, l’arte del “saper stare” resta una skill trasversale e sempre più monetizzabile.

Se il galateo è, per definizione, l’arte di far sentire gli altri a proprio agio, allora non stupisce che – in un’epoca di Zoom fatigue, cambi di carriera e shock culturali globali – la capacità di muoversi con grazia tra codici formali e informali sia tornata a essere un asset di prima grandezza.

“Good manners cost nothing, but ignorance of them può costare caro.”

Buon portamento a tutti!


Fonti principali: The Economist, Fortune, Institut Villa Pierrefeu, Debrett’s, Vinsys India, Sara Jane Ho/Netflix, Swann School of Protocol.



sabato 2 agosto 2025

«Per chi convive con la malattia, il compagno a quattro zampe non è un vezzo: è la chiave che trasforma ogni spostamento in una terapia di libertà e dignità.»

 

Check-in a quattro zampe

Come l’ospitalità pet-friendly è passata da coccola di marketing a risposta concreta a bisogni sanitari e psicologici


1. Da hashtag a fenomeno di mercato

L’espressione “check-in a quattro zampe” nasce sulle bacheche di hotel di fascia alta, come il Westin Palace di Milano, dove il programma V.I.D. – Very Important Dog prevede cuccia, ciotole e snack gourmet al momento dell’arrivo — una formula rilanciata sui social e ormai imitata da molte catene alberghiere. (Telegraph)


2. Un’offerta che corre (quasi) quanto la domanda

  • Strutture ricettive – Oggi «una buona metà degli hotel italiani ha sdoganato gli animali in camera», spesso con menù dedicati e camere riservate. (Lodgify)

  • Case vacanza & B&B – Gli host che accettano animali dichiarano un +20-30 % di ricavi grazie ai supplementi pet-friendly. (Lodgify)

  • Scali e aerei – Fiumicino ospita il Dog Relais, primo «hotel per cani» mai costruito in un aeroporto italiano; zone “Pet Area” e procedure dedicate compaiono anche a Malpensa, Linate e in diverse compagnie aeree. (Aeroporti di Roma, Aeroporto Milano Malpensa, ITA Airways)


3. I numeri della “pet economy”

Secondo il Rapporto Assalco-Zoomark 2025 gli animali da compagnia nelle case degli italiani sono 65 milioni; il solo pet-food vale oltre 3,1 miliardi €. (La Stampa, Agricommercio e Garden Center)


4. Dalla coccola al presidio terapeutico

  • Pet-therapy – Sessioni di 10 minuti con un cane riducono i livelli di cortisolo e migliorano ansia e depressione; l’ISS inserisce gli Interventi Assistiti con Animali nelle buone pratiche cliniche. (harmoniamentis.it)

  • Impatto socio-sanitario – Per la Società Italiana di Gerontologia le interazioni con un pet possono ridurre del 15 % le visite mediche degli over-65, con un risparmio stimato di 4 miliardi € l’anno per il SSN. (RaiNews)


5. Quando l’animale diventa “dispositivo” di salute

Blind, epilettici, diabetici, autistici, pazienti con PTSD o disturbo bipolare: per questi soggetti l’animale non è un vezzo, ma un ausilio. Emblematica la storia di Rose, primo cane di assistenza psichiatrica certificato in Italia: è addestrata a portare farmaci, fare deep-pressure therapy e perfino svegliare la padrona nei giorni “no”. (exposalutementale.it)


6. Cornice normativa: cosa dice (e cosa manca) la legge

  • Cani guida – La legge 37/1974 garantisce l’accesso ovunque, ma le sanzioni sono state raddoppiate solo nel 2023 per chi lo nega. (Anmvi Oggi)

  • Assistenza psichiatrica & medical alert – Un decreto attuativo sugli standard di addestramento è annunciato per il 2025, colmando un vuoto che oggi costringe famiglie a percorsi privati costosi. (Anmvi Oggi)

  • Luoghi di cura – La Toscana fa scuola: delibera regionale permette l’ingresso degli “animali da affezione” in ospedali e RSA, previo certificato d’anagrafe. (PetB2B)


7. Criticità e conflitti sul campo

  • Falsi “support animals” – Senza uno standard unico europeo, cresce il rischio di abusi che mettono in difficoltà hotel, ristoranti e vettori.

  • Allergie & igiene – Le strutture pet-friendly devono investire in protocolli di pulizia e zone filtro per tutelare anche i clienti senza animali.

  • Formazione del personale – Receptionist e steward necessitano di linee guida pratiche per riconoscere un cane di servizio e gestire le eccezioni.


8. Prospettive

Tra passaporto digitale UE per animali, addestramento riconosciuto e crescita costante della pet-economy (+3,7 % nel 2024), il check-in a quattro zampe sembra destinato a diventare lo standard — non più un privilegio, ma un diritto che intreccia turismo, business e salute pubblica. (corriere.it)




Mediaset non è stata solo televisione, ma una leva di potere capace di trasformare la visibilità in fiducia, le aziende in marchi e il lavoro invisibile dietro le quinte in un’influenza che ha segnato un’epoca.

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