Il Fascismo nei Piccoli Paesi: L’Ombra Lunga della Paura e dell’Abitudine
C’è un’Italia che sembra ferma nel tempo, dove i bar del centro sono ancora luoghi di ritrovo per pochi, dove il silenzio delle piazze la sera pesa più delle parole, e dove l’eco del passato continua a farsi sentire come una vecchia canzone che nessuno ha mai avuto il coraggio di cambiare.
In questi piccoli paesi — spesso splendidi per paesaggio, tradizioni e umanità — sopravvive una forma di fascismo che non sempre si dichiara, ma si percepisce.
Non più stivali, ma sguardi. Non più saluti, ma mentalità.
Il fascismo di oggi non ha bisogno di manifesti o di parate. Vive nelle frasi dette sottovoce, nei giudizi affrettati, nel sospetto verso chi è diverso, nel fastidio per chi osa pensare liberamente.
È un fascismo culturale, sottile, quotidiano: quello che si nasconde dietro la frase “si è sempre fatto così”.
La paura del cambiamento è la sua linfa. Nei piccoli paesi, dove tutti si conoscono e ogni novità è un terremoto, l’omologazione diventa una forma di difesa. Chi si distingue viene etichettato, isolato, o guardato con ironia. È così che la libertà muore piano, tra un sorriso di circostanza e un pettegolezzo di troppo.
L’educazione alla memoria che non arriva
Molti giovani crescono senza una reale consapevolezza storica. Le scuole fanno ciò che possono, ma la cultura locale — quella tramandata nei discorsi al bar o nei consigli comunali — spesso racconta un’altra storia: quella di un passato “in cui si stava meglio”, in cui “almeno c’era ordine”.
Dietro queste parole si nasconde un vuoto di senso, un’assenza di empatia, e la mancata elaborazione collettiva di ciò che il fascismo è stato: una ferita ancora aperta, che molti fingono di non vedere.
Il ruolo del silenzio
Il silenzio è il vero collante del fascismo moderno. Non serve più la propaganda, basta la disattenzione.
Il silenzio di chi non reagisce a una frase razzista.
Il silenzio di chi non prende posizione per paura di “crearsi nemici”.
Il silenzio delle istituzioni locali, che preferiscono mantenere la calma apparente piuttosto che affrontare i nodi culturali profondi.
Ma quel silenzio, alla lunga, diventa complicità. E nei piccoli paesi, dove ogni voce conta, anche una sola parola di verità può cambiare tutto.
Resistere oggi: il coraggio dell’individualità
Essere antifascisti oggi significa, prima di tutto, essere liberi di pensare.
Significa avere il coraggio di dire no quando tutti tacciono, di parlare quando il paese mormora, di accogliere invece di escludere.
Nei piccoli paesi, l’antifascismo è una forma di resistenza culturale che passa attraverso la gentilezza, la curiosità, la solidarietà.
Non è un gesto politico nel senso stretto, ma un gesto umano. È ricordare che dietro ogni “noi” c’è sempre un “io” libero, responsabile, capace di scegliere.
In fondo, il fascismo sopravvive solo dove si smette di pensare.
E ogni piccolo paese, con la sua storia e la sua bellezza, merita invece di essere un laboratorio di libertà, non un museo della paura.


