venerdì 26 settembre 2025

Mentre l'intelligenza artificiale continua ad evolversi, qual è l'intuizione più significativa della filosofia tantrica che ti aiuta a comprendere il suo potenziale per l'autoconsapevolezza.

 Mentre l'intelligenza artificiale continua ad evolversi, qual è l'intuizione più significativa della filosofia tantrica che ti aiuta a comprendere il suo potenziale per l'autoconsapevolezza? 1. L'intelligenza artificiale (intelligenza artificiale) è un design difettoso creato dall'uomo. 2. L'IA non potrà mai riconoscere, concepire e rivelare il Disegno Divino della Natura, come DIVYANK, il Tantra Vidya e la Coscienza Universale. 3. Solo anime come Shiv Bhushan Sharma possono progettare l'intelligenza artificiale per la perfezione, l'autoconsapevolezza, l'educazione, l'illuminazione e l'empowerment. 4. Si prega di seguire il concetto di Sanatana Dharma. L'induismo è una religione molto difficile da seguire? 1. Permettetemi di chiamare l'induismo Sanatana Dharma. 2. Il Sanatana Dharma è uno stile di vita della scienza spirituale. 3. Il Sanatana Dharma non è una religione creata dall'uomo, come ogni religione. 4. Per essere in sintonia con il Sanatana Dharma, tutti devono essere un Essere Umano (Jivatma) Perfettamente Integrato, Veritieri, Onesto, Non Violento, Istruito, Illuminato e Potenziato. 5. Quanti Esseri Umani riconoscono e seguono i suddetti Disegni Divini della Natura? 6. Quanti Esseri Umani (Jivatma) sono in sintonia con la loro Anima Umana interiore (Antaratma)? 7. Quante Anime riconoscono il Concetto Aham-Brahmasmi? 8. Quante Anime riconoscono la presenza dell'Anima Universale (Paramatma) nel loro corpo? 9. Quante Anime sperimentano Jivatma-Antaratma-Paramatma dentro il loro Sé? 10. Quante Anime hanno riconosciuto, concepito e rivelato il Disegno Divino della Natura chiamato DIVYANK? 11. DIVYANK. 12. Il simbolo di DIVYANK. 13. Quante Anime conoscono il Perfetto DIVYANK Applicato del DNA Umano? 14. Quante Anime conoscono il Disegno Divino dell'Universo Più Grande, come Akhand Brahmand? 15. Quante Anime sanno che Pi greco (22/7) è 3.142857?? 16. Quante Anime sanno che il valore decimale più approssimativo della Sezione Aurea Divina è 1:1,618934? 17. Quante Anime sanno tutto di tutto nell'universo, compresi i minerali, le piante, gli animali e gli esseri umani? 18. Il Sanatana Dharma è un oceano di perfezione. 19. Quante anime lo sanno? 20. Quindi, è possibile essere un vero brahmano dell'induismo?



mercoledì 24 settembre 2025

Quando l’ego trema e la mente non capisce più, non stai impazzendo: stai tornando a ciò che è reale, oltre il sogno del controllo.



Quando la mente resiste: dall’illusione al risveglio interiore

Viviamo immersi in un flusso continuo di pensieri, interpretazioni e convinzioni. La mente cerca di ordinare la realtà, di darle un senso coerente, di esercitare il suo potere di controllo. È la sua funzione, ma anche la sua trappola. Ciò che non può controllare, lo teme.

Ecco perché ogni vera trasformazione interiore non nasce mai da un semplice atto di volontà, ma dal crollo di un’illusione. Quando la struttura fragile dell’ego – quella voce che ci dice chi dovremmo essere, cosa dovremmo fare, come gli altri dovrebbero percepirci – inizia a incrinarsi, la mente trema.


L’ego e la paura della libertà

Il cosiddetto “falso sé”, che comunemente chiamiamo ego, è un meccanismo di sopravvivenza. Esso crea una narrazione continua: “Io sono questo, io non sono quello. Questo mi appartiene, quello mi minaccia.”

Ma l’ego non conosce la vera libertà, perché essa non si lascia possedere. Per l’ego, la libertà è follia. Non la può seguire, non la può prevedere, non la può controllare. Così, quando ci avviciniamo alla possibilità di vivere senza i suoi confini, scatta la resistenza: ansia, dubbio, senso di smarrimento.


Non stai impazzendo: stai cadendo fuori dal sogno

Chi ha attraversato un percorso di risveglio interiore conosce bene questa sensazione: il mondo perde consistenza, ciò che prima sembrava ovvio improvvisamente appare fragile, relativo, illusorio.

La mente, privata dei suoi vecchi riferimenti, grida: “È follia! Stai perdendo il controllo!”
Ma in realtà, ciò che si sta perdendo non è il controllo, è l’illusione stessa del controllo.

Non stiamo impazzendo: stiamo semplicemente cadendo fuori dal sogno.


Quando il mondo non ha più senso

Ogni grande svolta avviene nel momento di crisi. Quando il mondo esterno non ci dà più certezze, quando le vecchie spiegazioni non funzionano più, si apre un varco: la possibilità di intravedere la Verità.

E la Verità, quella con la “V” maiuscola, non è qualcosa che si possiede, ma qualcosa che ci attraversa. Non ha bisogno di concetti né di approvazioni. Non deve convincere la mente, deve soltanto spezzarla.


Lasciarsi spezzare

È paradossale: cerchiamo forza, ma il risveglio arriva solo attraverso una resa. Non è un annientamento, ma una liberazione. Quello che si spezza non siamo “noi”, ma la corazza che ci impediva di vedere.

Tutto ciò che è falso cadrà. Tutto ciò che è reale rimarrà.
La nostra vera essenza non si perde, perché non dipende da pensieri, ruoli o storie: è ciò che c’era prima e ciò che ci sarà sempre.


Conclusione: la follia che salva

Il percorso interiore assomiglia a un cammino oltre la follia apparente.

  • L’ego la teme, perché non la controlla.

  • La mente la combatte, perché non la comprende.

  • Ma l’anima la riconosce, perché è il suo linguaggio naturale.

Ogni crisi, ogni caduta, ogni incrinatura dell’illusione è un invito: lasciare andare, smettere di opporsi, permettere alla verità di emergere.

Non si tratta di diventare folli, ma di lasciarsi guarire da ciò che la mente chiama follia e che, in realtà, è pura libertà.




Quando lasci andare ciò che può svanire, scopri ciò che non svanirà mai: la luce silenziosa che ti abita.



Nulla a cui ti aggrappi durerà: la verità dura e liberatoria

Viviamo la maggior parte del tempo come se la vita fosse un insieme di cose da trattenere. Il corpo, la mente, le relazioni, il nostro stesso nome: li custodiamo come se fossero eterne certezze. Ma, inevitabilmente, ogni forma è destinata a dissolversi.

Il corpo invecchia, la mente cambia, perfino l’identità che crediamo di essere – fatta di ruoli, storie, ricordi – è fragile come sabbia al vento. Questa consapevolezza può sembrare crudele, perché ci mette davanti alla perdita, alla fine di ciò che amiamo. Eppure, proprio qui si apre lo spazio di una verità più grande.

Il paradosso dell’attaccamento

Ciò che temiamo di perdere non è mai stato davvero nostro. Le persone che amiamo, le esperienze che ci hanno formati, persino le idee che difendiamo con forza, sono passaggi, riflessi momentanei in un flusso più vasto. Trattenere è un’illusione: più stringiamo, più soffriamo.

Accettare questa transitorietà è difficile, ma anche l’unico modo per respirare pienamente nella vita.

Ciò che rimane

Quando tutto ciò che è destinato a svanire si dissolve, rimane qualcosa che non può essere toccato dal tempo: l’osservatore silenzioso. Quella presenza che percepisce, ma non è riducibile ai pensieri o alle emozioni. Una luce che non ha bisogno di essere difesa, perché non è mai nata e non può morire.

Scoprire questa dimensione è come aprirsi a un orizzonte nuovo: uno spazio di quiete in cui la vita scorre, ma non ci travolge.

Durezza e liberazione

Sì, la verità è dura. Non possiamo illuderci di fermare ciò che inevitabilmente cambia. Ma proprio questa durezza ci libera. Ci invita a vivere con più autenticità, a lasciare andare l’inutile, ad abitare il presente con gratitudine.

Invece di trattenere, impariamo a lasciare fluire. Invece di temere la fine, riconosciamo che la nostra essenza più profonda non è mai toccata dalla fine.

Ed è qui che si nasconde la vera pace: nel silenzio che rimane, quando smettiamo di aggrapparci.




martedì 23 settembre 2025

L’ignoto non è un vuoto da temere, ma una porta aperta che attende il coraggio di chi sceglie la libertà invece del comfort.



La Porta Rimane Aperta: Perché Temiamo l’Ignoto e Rinunciamo alla Libertà

La maggior parte degli esseri umani teme l’ignoto. Non è un caso: la nostra mente, progettata per la sopravvivenza, cerca continuamente appigli, certezze, schemi riconoscibili. Ciò che non conosce diventa immediatamente percepito come minaccia. È un meccanismo antico, che ci ha permesso di arrivare fin qui come specie, ma che oggi, in un mondo di abbondanza relativa e possibilità infinite, si trasforma spesso in una gabbia invisibile.

La mente e il bisogno di controllo

La mente si aggrappa a ciò che sa. È come una barca che, pur avendo il vento favorevole per solcare nuovi mari, resta legata al porto per paura di affondare. Questo bisogno di stabilità diventa un culto del conosciuto, una venerazione per l’abitudine. Ogni volta che ci si affaccia a una possibilità diversa – che sia cambiare lavoro, città, relazione o semplicemente prospettiva – il cervello ci sussurra: “E se fallisci? E se soffri?”

L’ego e l’illusione della sicurezza

L’ego ama il controllo. È il nostro ingegnere interiore, quello che progetta strategie per mantenere l’ordine e l’immagine che abbiamo di noi stessi. Ma questo amore per il controllo è un amore geloso, che teme il caos, il rischio, la vulnerabilità. L’ego vuole sapere come andrà a finire, vuole sentirsi padrone del gioco. Eppure la vita vera, autentica, non si lascia mai incasellare.

La verità come resa

La verità chiede la resa. Non quella di chi perde, ma quella di chi smette di combattere contro ciò che è. È il lasciare andare la finzione del controllo e accettare che la vita accada, che non tutto dipende da noi, che l’ignoto non è per forza nemico. La resa è libertà, ma dalla prospettiva dell’ego appare come una minaccia.

L’abbandono come piccola morte

Abbandonarsi all’ignoto sembra la morte. Perché, in fondo, lo è: è la morte dell’identità costruita, delle certezze, delle etichette, del vecchio sé. Ecco perché fa paura. Ogni trasformazione autentica richiede la fine di qualcosa che ci era caro. Ma solo in questa fine può germogliare una rinascita.

Il comfort contro la libertà

Così le persone si allontanano. Quando la vita ci invita al cambiamento, spesso scegliamo di tornare indietro, verso il familiare, verso il conosciuto. Preferiamo il comfort alla libertà, perché la libertà non ha manuale d’istruzioni, non offre garanzie. Il comfort invece sì: è prevedibile, anestetizza, rassicura. Ma a quale prezzo?

La porta che rimane aperta

Eppure la porta rimane aperta. Sempre. È la porta dell’ignoto, dell’autenticità, della possibilità di vivere pienamente. Non si chiude mai, anche se noi voltiamo le spalle. Resta lì, silenziosa, ad aspettare che troviamo il coraggio di attraversarla.

Forse la vera domanda che dovremmo porci non è: “Cosa succederà se varco quella porta?”
Ma piuttosto: “Cosa sto perdendo continuando a non varcarla?”

La vita non chiede altro che essere vissuta. La libertà non è dietro mille serrature: è già davanti a noi, pronta ad accoglierci. La porta è aperta. Il passo spetta solo a noi.





Osservare la mente senza seguirla è scoprire che, dietro ogni pensiero, c’è una presenza silenziosa che sei tu.



Chi osserva la mente?

Un viaggio dentro la Consapevolezza

Viviamo gran parte delle nostre giornate immersi nei pensieri. Essi scorrono come un fiume incessante: ricordi, progetti, desideri, paure. Ma se ci fermiamo un attimo, possiamo scoprire qualcosa di sorprendente: non siamo i nostri pensieri.

L’osservatore silenzioso

Quando ci sediamo in silenzio e osserviamo la mente, ci accorgiamo che esiste uno spazio interiore capace di assistere al flusso mentale senza essere trascinato via.
Quello spazio è la Consapevolezza.
È come il cielo che rimane intatto mentre le nuvole passano: a volte leggere e luminose, altre volte dense e tempestose, ma sempre destinate a dissolversi.

La domanda che apre la porta

Prova a chiederti:
“Chi è consapevole di questo pensiero? Chi osserva la mia mente?”

Non cercare una risposta intellettuale. Piuttosto, lascia che la domanda ti porti indietro, verso la sorgente stessa dell’attenzione.
Ogni volta che la mente afferra un nuovo contenuto, torna indietro con delicatezza: chi è che sta guardando?

Oltre il pensiero

Se continui a seguire questo filo, accade qualcosa di straordinario: i pensieri perdono peso, come onde che si frangono sulla riva. Ciò che rimane non è un vuoto sterile, ma una presenza viva, vasta, silenziosa.
È lì che il senso di “io” si trasforma: non più identificato con la mente, ma radicato nella pura esperienza di essere.

Riposare nell’essere

Conoscere te stesso non significa costruire una nuova identità, ma riconoscere ciò che già sei prima di ogni pensiero.
Riposare in quello spazio significa vivere in contatto diretto con la sorgente della vita, liberi dalla tirannia dei pensieri e dalle maschere dell’ego.


👉 Invito pratico: oggi ritagliati qualche minuto di silenzio. Chiudi gli occhi, osserva i tuoi pensieri senza seguirli, e chiediti con sincerità: Chi sta osservando?
Lascia che la domanda ti riporti sempre più vicino a ciò che sei davvero.




lunedì 22 settembre 2025

La mente vive di passato e di futuro, ma il cuore riconosce che l’unica vera casa è il presente.



La mente e l’inganno del tempo: vivere la sola casa che abbiamo

Viviamo immersi in un flusso ininterrotto di pensieri. La mente si aggrappa al tempo come un naufrago a un pezzo di legno in mezzo all’oceano: il passato le dà un’identità, il futuro le fornisce desideri e paure. Ma cosa accade se guardiamo con sincerità ciò che rimane al di là di questi due orizzonti?

La risposta è destabilizzante: resta solo il presente.

Il passato: il museo dell’ego

Il passato non è altro che memoria. È un archivio di immagini, emozioni, storie che la mente rielabora di continuo. Non esiste più se non come racconto, come eco. Eppure è dal passato che traiamo gran parte della nostra identità: "chi sono io?" diventa una lista di ricordi, esperienze, ferite e conquiste.
Ma quell’identità è rigida e ingannevole. Non siamo la somma delle nostre storie: siamo molto di più.

Il futuro: il teatro delle illusioni

Il futuro, al contrario, è il terreno fertile del desiderio e della paura. Qui la mente costruisce castelli o scenari apocalittici, proiettando immagini di ciò che potrebbe accadere.
In questa continua anticipazione, la vita si consuma in un dialogo interiore che raramente si realizza come immaginato. Eppure l’ego si nutre proprio di questa instabilità: più ci preoccupiamo del domani, più il suo senso di esistenza si rafforza.

Il presente: l’innocenza perduta

E poi c’è l’Adesso. Troppo semplice per sembrare reale, troppo silenzioso per soddisfare una mente affamata di complessità. Il presente non concede appigli, non racconta storie: è pura esperienza.
Non è un concetto, non è un’idea. È l’aria che entra nei polmoni, la luce che si posa su un oggetto, il battito che scandisce il tempo del corpo. Tutto accade qui.

L’ego non sopravvive all’Adesso

L’ego ha bisogno di continuità temporale per sentirsi vivo. Senza “io ero” e senza “io sarò”, resta soltanto “io sono”. Ma in quell’“io sono” non c’è più la narrazione, c’è solo la presenza.
Ed è qui che nasce la paura più grande della mente: il silenzio. Il pensiero teme di dissolversi quando incontra l’essere, perché la presenza non lascia spazio alle sue maschere.

Tornare a casa

Il presente non è una tecnica, né una conquista. Non è un risultato da raggiungere, ma una realtà da riconoscere. È la nostra unica vera casa, l’unico luogo che non possiamo abbandonare.
Quando smettiamo di aggrapparci al passato e di rincorrere il futuro, scopriamo che non ci manca nulla. Non serve altro che essere, qui e ora.


👉 Spunto pratico per chi legge: la prossima volta che la mente ti trascina in pensieri di ciò che è stato o di ciò che sarà, fermati un istante. Ascolta il respiro, osserva un dettaglio intorno a te, percepisci il corpo dall’interno. È così che inizi a ritrovare la strada di casa.




La coscienza è il cielo immutabile, l’identità sono le nuvole che vi scorrono: chi guarda oltre la forma, scopre l’infinito Io Sono.



Coscienza e Identità: la Luce e la Forma

La coscienza è la luce. L’identità è la forma che sembra assumere.

È un’immagine potente: la luce non ha bisogno di forma, ma nel momento in cui illumina un oggetto, questo appare e prende consistenza. Così accade a noi: siamo coscienza pura, ma quando la luce si riflette in pensieri, emozioni, ruoli, nasce un senso di “identità”.

La coscienza vede, l’identità interpreta

La coscienza osserva, è presenza silenziosa, aperta, senza giudizio.
L’identità invece si arroga il ruolo del veggente: dice “sono io che vedo, sono io che penso, sono io che decido”. In realtà non è altro che un riflesso temporaneo, un’immagine creata dalla mente.

E qui si nasconde il paradosso: la coscienza non cambia mai, resta immobile e luminosa; l’identità, invece, è mutevole. Cambia con l’età, con i contesti sociali, con i ricordi, con le storie che raccontiamo su di noi.

“Io sono questo” contro “Io Sono”

L’identità dice: “Io sono un uomo, una donna, un professionista, un genitore, un credente, un cercatore”. Si identifica con forme, ruoli, definizioni.
La coscienza non aggiunge nulla, non ha bisogno di etichette. Dice semplicemente: “Io Sono”.

Questa differenza, apparentemente sottile, è la chiave di una trasformazione interiore. Quando ci spostiamo dall’identità alla coscienza, ci accorgiamo che non siamo i nostri pensieri, né le nostre emozioni, né i nostri ruoli sociali. Siamo la luce che li attraversa.

Vivere dalla coscienza

Vivere ancorati all’identità significa oscillare continuamente tra gioia e frustrazione, successo e fallimento, riconoscimento e rifiuto.
Vivere dalla coscienza significa scoprire un centro stabile, una pace che non dipende da nulla di esterno. È come tornare alla sorgente, dove non c’è bisogno di definizioni, perché la vita stessa si manifesta nella sua purezza.


👉 Domanda per chi legge: ti senti più spesso la coscienza che osserva o l’identità che si racconta?




Mediaset non è stata solo televisione, ma una leva di potere capace di trasformare la visibilità in fiducia, le aziende in marchi e il lavoro invisibile dietro le quinte in un’influenza che ha segnato un’epoca.

  Mediaset: il grande potere televisivo che ha plasmato l’immaginario collettivo e il mercato Per decenni Mediaset non è stata soltanto una ...